"...perché guardano tutti me? [...]perché voi avete riconosciuto, veduto ed ora sapete che quando Dio chiama un uomo o una donna e li pone al servizio Suo e della Sua opera, voi – il Suo popolo fedele – riconoscete che dietro quella persona c’è molto di più: c’è l’opera di Dio in vostro favore, c’è il segno della presenza amorevole e costante del Signore che vi sta accanto nella bella fragilità di un essere umano, su cui Egli si è degnato di posare il Suo sguardo e la Sua mano". Queste le parole del discorso di ringraziamento al termine della Celebrazione tenuto dall'Abate Antonio.
Mercoledì 11 ottobre alle ore 19.30, presso Villa Pantaleo in Taranto, la Comunità della Christiana Fraternitas si è stretta attorno al suo pastore dom Tonino nella Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola per ringraziare il Signore del Ministero Abbaziale conferitogli cinque anni or sono dal suo Ordinario Mons. Pierre Whalon.
Hanno preso parte alla preghiera quattro presbiteri della Chiesa Cattolica Romana: don Adelmo Iacovino parroco delle Comunità di Sant'Arcangelo (Pz) che ha tenuto l'omelia per la circostanza; don Gianni Forte parroco della Comunità di Rotonda (Pz), con entrambi i pastori e le rispettive parrocchie la Christiana Fraternitas intrattiene ordinari scambi di doni spirituali e un cammino in favore dell'ecumenismo. Si aggiungono a questi Mons. Pasquale Morelli, cancelliere della Curia Metropolitana di Taranto insieme a Mons. Marco Gerardo, direttore dell'ufficio diocesano per la liturgia e don Francesco Venuto, parroco della parrocchia s. Cuore in Taranto. Con loro il Maestro Ghesce Gnyma Tsultrim del Centro Buddista di Taranto.
Anche quest'anno non sono mancate la presenza di Autorità civili ed Associazioni con cui la Comunità intrattiene rapporti e condivide progetti in favore dell'uomo.
Il ministero liturgico del canto e della musica è stato svolto dall'orchestra "Tebaide d'Italia" che ha eseguito brani della scuola romana, in particolare di V. Miserachs.
L'omelia è stata tenuta da don Adelmo Iacovino,
Parroco delle Comunità di Sant'Arcangelo di Potenza
Le letture proclamate sono state:
Gio 4, 1-11; Salmo 15; 2Cor 6, 4-10; Lc 11, 1-4.
Voglio rendere grazie a Dio per questo dono di grazia che, insieme con voi, Comunità Monastica Ecumenica, celebriamo quest’oggi.
La celebrazione dell’anniversario abbaziale di dom Antonio, non è un evento da ricordare ma un dono da celebrare. Da ogni grazia, qual è il dono dell’abate, deve scaturire sempre un rendimento di grazie come, da una sorgente scaturisce sempre acqua che zampilla.
Carissimo padre abate grazie a te per il tuo ministero nella comunità ecumenica, grazie per la tua dedizione e cura. La vera anima monastica di San Benedetto è “habitare fratres in unum” ciò segni la vita di questa comunità in cui tu possa esser detto e sentirti autenticamente l’abba, il padre, riflesso in terra della paternità unica ed eterna di Dio. Non anteporre nulla all’amore di Cristo. Ricorda che se non anteporrai nulla all’amore di Cristo, Cristo stesso vivrà e agirà in te e l’amore di Dio e degli uomini coincideranno in un unico amore.
Guida, sostieni e ricorda sempre che l’amore vince sulla legge. Come padre conquista il fratello nell’amore.
Carissimi, la Parola che Dio ci offre mostra come i bisogni del prossimo ci indicano il luogo dove Dio ci aspetta e sono uno stimolo per la fantasia e la generosità apostolica del cristiano. Vediamo la figura di Giobbe, uomo tranquillo, osservante, amante di Dio che mai avrebbe pensato di poter essere interpellato così direttamente da Dio. Viene chiamato per andare ad incontrare la popolazione più blasfema e lontana da Dio. La proposta di Dio così determinata e ardita provoca in lui come in ciascuno di noi paura, sconcerto, confusione.
Non sfuggiamo da Dio, non nascondiamoci dalla sua vista sapendo bene che: “se salgo in cielo, tu sei là; se scendo nel mondo dei morti, e là ti trovo” (cfr. Sal 139,8).
Con uno sguardo limpido e profondo cogliamo qual è il vero segno di Giona, la fiducia di essere salvati dal sangue di Cristo. Con questa certezza rafforziamo la nostra idea che Dio è vicino e accettiamo di metterci in ascolto di Lui. senza la piena obbedienza a Dio, senza ab-udire, si cade nell’ab-surdus, nell’assurdo dell’esistenza perché non sentiamo più la voce che ci dice di essere amati.
Giona non vuole che il nome di Dio sia santificato, che il suo nome sia manifestato. Pretende che la profezia “ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta” si realizzi e non che i niniviti si convertano. Da una parte vediamo la gioia di Dio perché la gente di Ninive si è convertita e ha potuto manifestare il suo nome, la sua tenerezza, la sua misericordia; dall’altra abbiamo la collera del profeta perché si sente un fallito, sente che la sua reputazione di profeta è venuta meno, dimentica quel “se vi convertite”, quel condizionale che è la possibilità di Dio. Mai togliere nella nostra vita quel “se”, mai togliere la possibilità che Dio ci offre. Nel riprendere la prima lettura penso che anche noi, come Giobbe, siamo capaci di dare risalto a cose futili, semmai piccole. Spesso, se non sempre, le vogliamo preservarle, custodirle, salvarle. Anche a noi viene offerta quella pianta di ricino sotto il quale trovare refrigerio ma proprio quella pianta ci è offerta perchè assumiamo la consapevolezza del valore della vita, della dignità di ogni persona.
Giobbe non vuole che Dio rimetta il debito dei niniviti perché non riconosce o dimentica la misericordia che Dio ha elargito nei suoi confronti. Si sarà capaci di misericordia nella misura in cui sappiamo di essere oggetto di misericordia.
Per essere guariti dalla tentazione e dal desiderio che il nome di Dio non si manifesti per quel che è: un Dio di mitezza e pazienza, che aspetta che gli uomini si convertano, un Dio che lascia sussistere il male per trarne il bene, abbiamo bisogno che il Signore ci insegni a pregare. Abbiamo bisogno che ci insegni a pregare perché, la preghiera e quel lento processo con cui ci allontaniamo dai nostri bisogni volgendoci verso la luce di Cristo. Come scrive Nouwen: “La preghiera è smettere di respirare quell’aria afosa, appiccicosa, inquinata, per iniziare a respirare con il respiro di Dio, il soffio di Dio, l’alito con il quale siamo creati e grazie a cui possiamo gridare Abbà, Padre”. Nel pregare scopriamo che siamo amati e in quanto amati possiamo avanzare quelle richieste che pronunciamo nel Padre nostro. Attraverso la preghiera il Padre rinnova il nostro spirito e così la nostra immagine viene riformata nell’essere capaci di cogliere il nostro essere figli in quando vi è un Dio Padre. Viene riformata la nostra immagine e per questo comprendiamo che siamo fratelli perché abbiamo un unico Padre. Nel riprendere San Paolo nel pregare ci spogliamo dell’uomo vecchio e delle sue azioni, ci rivestiamo dell’uomo nuovo che si rinnova nella conoscenza di Dio. Più acquisiamo uno spirito di preghiera e maggiormente si attua in noi una sorta di ripulitura che toglie da noi le macchie, le incrostazioni fino a riportarci ai colori originari. La preghiera ci trasfigura, ci dona una bellezza tutta spirituale che riflette quella di Dio.
Nel cogliere l’invito di San Paolo di “pregare senza interruzione” (1Tess 5,17) chiediamo ancora una volta a Cristo di insegnarci a pregare per ricevere da Lui, che solo ce la può dare, la vita beata. Preghiamo a lungo non trovando il tempo ma dando tempo alla preghiera. Pregare è rendere tempo per bussare con un continuo e devoto fervore del cuore al cuore del Padre.
Ritorniamo a pregare, riscopriamo l’inestimabile sua ricchezza.
Come scrive Sant’Agostino “Se non vuoi interrompere la preghiera, non cessare mai di desiderare. Il tuo desiderio continuo sarà la tua continua voce. Tacerai se cesserai di amare” (Disc 80,7; lett 130, 8-10).
Con papa Benedetto, di veneranda memoria, nel suo scritto Gesù di Nazaret sul Padre nostro afferma che: “… siamo di fronte alle prime parole della sacra Scrittura che apprendiamo da bambini. Esse si imprimono nella memoria, plasmano la nostra vita, ci accompagnano fino all’ultimo respiro.” Poi continua nel dire che “…esse svelano che noi non siamo già in modo compiuto figli di Dio, ma dobbiamo diventarlo ed esserlo sempre di più mediante una nostra sempre più profonda comunione con Gesù. Esser figli diventa l’equivalente di seguire Cristo”.
Se dunque preghiamo l’Abbà, il tenerissimo Padre mio e dei fratelli, se chiediamo che il suo nome sia glorificato, che il suo regno di giustizia e d’amore venga anche attraverso la nostra piccola vita, certo avremo la forza di diventare ciò che siamo chiamati ad essere.
Ricordiamo che l’opera che siamo chiamati a realizzare è l’opera stessa di Dio: Lui ne è l’unico artefice ed essa si realizza, non dimentichiamolo, nella fragilità dei mezzi umani.
Carissimo dom Antonio ti auguro che tu possa vivere ciò che è necessario ascoltare Dio per percorrere il duplice itinerario di san Benedetto: fidarsi di Dio totalmente e guardare bene in faccia l’altro, scoprendovi l’uomo. Per essere padre, guida, custode Dio non ha chiesto per tre volte a Pietro se fosse il più prudente, il più diplomatico, il più santo, ma se amasse più degli altri. Solo chi ama, e chi ama più degli altri è capace di governare, di servire, di essere a capo di una comunità. Di fronte all’ amore più grande, tutti i tuoi difetti, carissimo padre abate, tienilo sempre impresso nella tua mente, saranno marginali. Ad maiora semper … così sia.
Gli auguri da parte di tutta la Famiglia della Christiana Fraternitas
rivolti dal Cerimoniere fr. Francesco Bechis
Reverendissimo Abate, caro dom Tonino, è passato un altro anno dalla tua Consacrazione ed un'altra pietra è stata poggiata sulla testata d'angolo della "cattedrale" che abbiamo iniziato a costruire anni fa. Questa volta è mio compito portarti gli auguri dei tuoi fratelli e delle tue sorelle e dei Consultori tutti. Non è facile trovare le parole giuste, visto che la maggior parte delle similitudini sono state già prese in considerazione gli scorsi anni. Ricordo però che un giorno, durante il tempo d'Avvento di due o forse tre anni fa eravamo davanti al camino e mi dicesti: "Sai Francesco, siamo fatti di polvere di stelle" e per qualche motivo restai basito nonstante fosse qualcosa che già sapevo. Mi hai fatto pensare a lungo e mi sono sentito più legato e vicino alle persone. Mi hai aiutato e cresciuto come un frastello e forse grazie a te ho trovasto uno scopo ed un obbiettivo. La tua abilità di aiutare gli altri e renderli migliori è uno dei motivi per cui noi tutti siamo qui riuniti a festeggiare con e per te stasera. "Come poveri, ma capaci di arricchire molti" di Paolo nella lettera ai Corinzi. Per concludere un augurio speciale perchè questo per te non sia un traguardo ma la continuazione di nuove esperienze come Abate di una Comunità che ti ama. Pax! Ut unum sint! e ad Angela.
Discorso di ringraziamento del Reverendissimo Abate dom Antonio Perrella
Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo me al suo servizio (1Tm 1,12). Carissimi Fratelli e Sorelle, sono le parole indirizzate a Timoteo da parte dell’Apostolo delle genti e, che in questa occasione, faccio mie.
Siamo stati insieme questa sera, ed insieme abbiamo reso grazie a Dio, perché cinque anni fa mi ha giudicato degno di fiducia ponendomi al Suo e vostro servizio come Abate della Christiana Fraternitas.
Davanti ai miei occhi stasera c’è uno scenario fantastico, vedo e, per il futuro ancor di più intravedo, quella moltitudine come le stelle del cielo promessa ad Abramo quale sua discendenza. Si, davanti a me siete come numerose stelle che mi abbagliano con il loro splendore; lo splendore che è il bagaglio delle esperienze che vi portate, le speranze che nutrite, le domande che vi tormentano, il dolore che vi affligge, la sete insaziabile della verità e della giustizia, le contraddizioni che vi confondono, l’anelito degli ideali alti, le morbosità che vi frammentano, il desiderio di abitare la pace. Ecco quello che vedo davanti a me, una folla di persone che brillano e luccicano e con il loro brillare e luccicare mi abbagliano e son costretto a chiudere gli occhi e chiedermi: perché guardano tutti me? Allora si fa spazio un silenzio assordante, sembra quasi mi induca a pensare che la domanda che mi son posto sia scorretta e, forse, fuori luogo. Allora mi volgo indietro, apro gli occhi e vedo la strada percorsa in questi ultimi cinque anni e mi accorgo che ogni cosa accaduta, ogni cosa accaduta nello svolgersi del mio ministero, è stata sola Opera di Dio!
Ora comprendo perché tutti guardate me… perché voi avete riconosciuto, veduto ed ora sapete che quando Dio chiama un uomo o una donna e li pone al servizio Suo e della Sua opera, voi – il Suo popolo fedele – riconoscete che dietro quella persona c’è molto di più: c’è l’opera di Dio in vostro favore, c’è il segno della presenza amorevole e costante del Signore che vi sta accanto nella bella fragilità di un essere umano, su cui Egli si è degnato di posare il Suo sguardo e la Sua mano.
Questa sera, in questo luogo santo, c’è un incontro di sguardi: il mio ed il vostro. Ed in questo incontro di sguardi ciò che si vede è solo il Signore. Voi lo vedete in me e nel mio ministero ed io lo vedo in voi, nei vostri cuori, nella vostra vita... Per questo motivo sento, dopo aver reso grazie a Dio, di rivolgere il mio profondo ringraziamento a tutte e tutti voi qui presenti stasera. È solo coltivando questa compagnia, tenendo gli sguardi fissi tra noi che possiamo camminare insieme e mettere le basi per un modo rinnovato, ciascuno al proprio posto, nell’ambito specifico dove il buon Dio l’ha chiamato a lavorare.
Vorrei esprimere la mia, quella della mia Famiglia monastica a tutti voi che avete partecipato a questa Celebrazione di lode e ringraziamento e che ci sostenete con la vostra fraternità ed amicizia.
Consentitemi alcuni ringraziamenti in particolare:
Consiglieri del Capitolo Apostolico, ed in modo particolare ai coniugi Matilde e Gerardo Di Benedetto.
Monaci e Monache
Ven.le Geshe Nyima Tsultrim, Centro Buddista Taranto
Presbiteri della Chiesa Cattolica Romana, in particolare il caro don Adelmo che ringrazio per aver tenuto l’omelia. Con lui e con le sue comunità abbiamo stabilito un fecondo legame di amicizia e collaborazione
Dott. Andrea Tripaldi, Vice-Sindaco di San Giorgio Jonico
Dott. Cosimo Buccolieri, Dirigente medico del Sert – Asl Taranto
Gr. Uff. Antonello Papalia, Priore dell’Arciconfraternita del Carmine in Taranto, di cui sono stato membro
Avv. Giampiero Longo, Commissario Arcivescovile della Confraternita del SS Sacramento di Pulsano
Prof.ssa Adriana Chirico, docente di diritto canonico e delle religioni del Mediterraneo presso il Polo universitario jonico
Dott. Angela Cafaro, Vice Presidente del Consiglio dell’Ordine dei Commercialisti
Dott. Francesco Riondino, Presidente CSV Taranto
Prof.ssa Carmen Galluzzo Motolese, Presidente del Club Unesco Taranto
Sigg.ri Presidenti delle diverse Associazioni culturali e di volontariato
Avv. Giovannella Epifani, Delegata della FIDU Taranto
Sig. Filippo Stellato, Presidente della Proloco di Pulsano
Grazie a tutte e tutti voi, stelle meravigliose e splendenti che mi riflettete anche nel cielo più buio, nelle notti più tenebrose, la Luce di Colui che vi ha creati e vi ha messi davanti a me per illuminare la strada che per Lui dovrò ancora percorrere per la mia vita piena al vostro servizio. Grazie!
Il video integrale della Celebrazione
Qualche momento della Celebrazione
La pagellina ricordo con la preghiera composta da dom Tonino
in pubblicazione
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