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Rinnovazione delle Professioni semplici di sr. Mariagrazie Bianco, sr. Angela Anna Pia Massafra, fr. Franzino Renzullo e fr. Francesco Bechis nella domenica del Buon Pastore

"...è Lui, Cristo, il costruttore paziente e sapiente, che prende queste macerie umane, le nostre macerie umane, le accosta, le unisce, le ordina ed erige, per il mistero della sua sola Grazia, un meraviglioso santuario della sua presenza nel mondo". Sono le parole tratte dall'omelia dell'Abate dom Antonio in occasione della rinnovazione delle professioni semplici dei cofondatori della Christiana Fraternitas.


Alla Christiana Fraternitas, presso la Cappella "Santi Benedetto e Scolastica" alle ore 19.30, si è tenuta la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola nella domenica del "Buon Pastore". Nella Celebrazione i monaci cofondatori sono stati chiamati a rinnovare la loro professione semplice con i voti pubblici della stabilitas, conversatio morum e della oboedientia per ulteriori tre anni.


La Regola della Christiana Fraternitas prevede la consacrazione di uomini e donne anche non celibi (definiti Comunità dei discepoli), chiamati a vivere attività di vita comune ed i medesimi voti con quelli celibi che invece svolgono la vita comune (definiti Comunità apostolica). I monaci della Comunità dei discepoli sono chiamati a rinnovare la loro professione religiosa ogni tre anni dopo un periodo di discernimento.


La Cappella "Santi Benedetto e Scolastica" è stata colma di parenti ed amici che si sono stretti ai sucipiendus con affetto e devota comunione di preghiera. Tre testimoni per ciascun professo hanno poi firmato la cedola dei voti scritta a mano da ciascun monaco come la Regola di San Benedetto prevede.


Alla preghiera non poteva non aggiungersi un momento di condivisione e di festa: per tutti "panzerotti" pugliesi preparati al momento e torta augurale! E allora auguri a queste sorelle e fratelli che hanno avuto il coraggio di rispondere ancora "si" alla chiamata di Dio. Non resta che accompagnarli con l'amicizia e la preghiera.



Qui sotto il testo integrale dell'omelia del nostro

Reverendissimo Padre Abate dom Antonio Perrella



Testo di riferimento At 4, 8-12;


«Questo Gesù è la pietra che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo».


Carissimi Fratelli e Sorelle, cari Amici ed Amiche,

con questa professione di fede di Pietro e degli Apostoli, nel cuore e nella mente, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, ci accingiamo a vivere il momento solenne e santo della Professione monastica delle sorelle Mariagrazia e Angela Anna Pia e dei fratelli Franzino e Francesco. Secondo la Regola della nostra vita monastica, ogni tre anni, i monaci della Comunità dei discepoli, ovvero coloro che non fanno una scelta celibataria, sono chiamati a verificare il loro cammino e discernere, davanti a Dio, se rinnovare o meno il loro impegno nella stabilitas, nella conversatio morum e nell’oboedientia, cioè in quella via di discepolato che Gesù, Pastore buone delle pecore, ha mostrato al nostro padre Benedetto da Norcia e sua sorella Scolastica e sulla cui scia abbiamo liberamente e responsabilmente deciso di incamminarci.



Gesù è la pietra scartata da voi, costruttori!

Su chi e su cosa abbiamo costruito in questi anni la casa della nostra vita interiore, della nostra costante ricerca di Dio e della nostra totale dedizione a Lui?

L’abbiamo costruita sui rapporti umani – belli ma insufficienti – che ci legano gli uni agli altri? I sentimenti sono un dono di Dio, l’amicizia è una grazia, ma essi sono e rimangono una base instabile. Incomprensioni, parole sbagliate o fraintese, atteggiamenti istintivi stanno sempre alla porta e possono minare anche i rapporti più belli.


Abbiamo costruito questa casa sulla necessità costante di serrare i ranghi, per rispondere a chi non ci comprendeva o ci fraintendeva? L’apologetica, la difesa è stata spesso una necessità per l’esperienza della fede cristiana, che in tutte le epoche ed in tutti i contesti culturali ha sempre avuto bisogno di spiegarsi ed è sempre stata segnata dalla incomprensione e dal rifiuto. Essa è una necessità contingente, ma non può essere un fine né una motivazione del cammino di sequela.


L’abbiamo costruita allora sul nostro bisogno interiore di riempire i vuoti, persino le voragini che talvolta ogni persona si porta dentro? Ma così si rischia di costruirsi un Dio placebo, a nostra immagine e somiglianza, che funzioni come anestetico della coscienza e la acquieti, perché essa si illuda di stare a posto e di aver compiuto il proprio dovere. La ricerca di un Dio accomodante, consolatore, pacifico piace a chiunque; ma il Dio di Gesù Cristo è un Dio che fa venire il “mal di pancia”, che provoca, che sospinge, che non lascia riposare, che mette costantemente in cammino, che richiede di mettere tutto in discussione per scavare nel più profondo del cuore e là, nella verità più nuda e misera della coscienza, trovare le vere motivazioni.



Gesù è la pietra scartata da voi, costruttori!

Quante volte anche Gesù è stato una presenza scontata nella nostra vita; quasi una presenza anonima, abitudinaria. I ritmi stanchi della vita quotidiana, le occupazioni terrene messe al di sopra di quelle divine, la ricerca di soddisfazioni a buon mercato piuttosto che la lacerazione del cuore nella ricerca di Dio, il ripiegamento su relazioni “mordi e fuggi”, che soddisfano i bisogni di un momento, piuttosto che la faticosa costruzione di rapporti solidi, stabili, significativi; il lamento che prende il sopravvento sullo slancio del cuore, la noia che offusca la gioia, la ribellione che sovrasta l’obbedienza, l’arroganza che schiaccia l’umiltà, il cedimento al pensiero altrui sulla nostra vita anziché cercare il pensiero di Dio sulla nostra vita; il mettersi in sintonia con le persone, anziché con Dio; la spasmodica ricerca del benessere, dell’affermazione umana, anziché la paziente e diuturna ricerca del volere di Dio che rimane vera libertà e felicità per ogni esistenza: queste sono tutte le volte in cui abbiamo preso Gesù e anziché metterlo come chiave di volta dell’edificio della nostra casa, lo abbiamo gettato tra le macerie inutili della nostra vita.


E, così facendo, noi stessi siamo diventati macerie umane, materiale di scarto spirituale, mattoni inutili per l’edificazione del tempio santo di Dio!


Eppure, quella pietra gettata e rigettata, rimane lì e promana in tutto il suo fulgore! La bellezza sfolgorante del Cristo, rigettato, risplende ed illumina le altre macerie. Ed oggi nella luce di questo Dio rigettato comprendiamo che la scelta da lui compiuta nei confronti di questi sucipiendus segue una logica che ci spiazza e scandalizza. Egli illumina e sceglie queste persone per la sua sequela nella vita monastica non perché siano perfette secondo uno stereotipo, non perché siano senza fragilità, non perché ne siano degni… ma perché è Lui, Cristo, il costruttore paziente e sapiente, che prende queste macerie umane, le nostre macerie umane, le accosta, le unisce, le ordina ed erige, per il mistero della sua sola Grazia, un meraviglioso santuario della sua presenza nel mondo.


Cristo, pietra scartata dai costruttori, ma scelta da Dio, è diventato la pietra d’angolo, il fondamento solido e sicuro. Quello che gli uomini, che noi, soventi riottosi alla sua grazia, non abbiamo saputo fare con la nostra intelligenza, lo ha fatto Lui con la stoltezza del suo amore e del suo sacrificio.


L’apostolo ci esorta: «Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto: Chi si vanta si vanti nel Signore» (1Cor 1,26-31).


Questa sera, cari fratelli e sorelle, celebriamo l’opera meravigliosa del Signore, che prende macerie e ne esalta la bellezza, prende misere esistente e le trasforma in segni della sua misericordia, raccoglie peccatori e li inserisci nella splendente via della sua gloria, prende uomini e donne, con i loro limiti e difetti, e li guarda con affetto di predilezione e li invita a stare e camminare con lui.


A questi monaci rivolgo allora il mio augurio che è un’esortazione ad un solo dovere imprescindibile: fare di nuovo e concretamente di Gesù il vero, solo ed unico Pastore buono della loro vita, riconoscerlo come il custode del gregge del loro cuore e della nostra Comunità e riconoscere in questo ovile – senza del quale non esisterebbe la loro vocazione – il luogo di grazia ove soltanto è possibile la loro risposta alla chiamata di Gesù Cristo.


A te, Signore Gesù, pietra d’angolo della nostra esistenza e della nostra Comunità, consegniamo la Signorìa totale sulla nostra vita, sulla nostra coscienza, sui nostri affetti, sulle nostre volontà.

Noi oggi riconosciamo e proclamiamo che, senza di te, nessun senso avrebbe la nostra vita!

E per questo accogliamo sin da questo momento le strade che tu ci farai percorrere, docili alla tua voce di Pastore che riconosciamo come il bene e la luce del nostro cammino. Amen.


dom Tonino +



Qui sotto il video della preghiera




PAX

UT UNUM SINT

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