Venerdì 22 gennaio 2021, presso la Cappella della Casa d'Amministrazione, si sono celebrati i Primi Vespri Capitolari della Solennità del IV Anniversario di Fondazione della Comunità Monastica Ecumenica Christiana Fraternitas. Nella solenne Celebrazione si è tenuta la rinnovazione della Professione semplice dei monaci e delle monache della Comunità dei Discepoli.
Alle ore 19:30 l'Abate Antonio ha officiato i Primi Vespri della festa della Comunità nei quali cinque tra fratelli e sorelle hanno rinnovato la Professione semplice per tre anni.
Testo integrale dell'omelia
del Reverendissimo Abate dom Antonio Perrella
Efesini 4,1-6
Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
Mie care sorelle e fratelli monache e monaci,
oggi siamo a chiamati a vivere un dono, una grazia: la rinnovazione triennale dei vostri voti religiosi pubblici. Rinnoverete il sì! che avete liberamente e responsabilmente scelto di pronunciare dinanzi a Dio ed in risposta alla sua benevolenza, che lo ha portato a guardare voi, a fissare il suo sguardo su di voi, come lo posò su Simone (cf Gv 1,42) e sul giovane ricco (cf Mc 10,21).
Il momento è solenne: non nel senso di un fasto vuoto e senza significato, ma importante, decisivo. Qui state scegliendo di nuovo su chi giocarvi la vita, su chi scommettere per la vostra vita. Lui ha già scelto! Ha scelto voi! Adesso sta a voi decidere se scegliete ancora Lui.
Questa tappa rilevante del cammino di fede vostro e della nostra Comunità viene illuminata da un breve quanto poderoso brano della lettera agli efesini. Per riuscire a comprendere bene il messaggio dell’autore, occorre prima inquadrare il testo nel contesto generale della lettera.
Si tratta di una delle cosiddette lettere della prigionia. Paolo è a Roma, in attesa del giudizio, di cui egli in fondo conosce già il verdetto: sarà messo a morte a causa di Cristo e del Vangelo! Scrive ad una comunità che, come quella dei colossesi, aveva ceduto alla tentazione di un culto esagerato degli angeli, a discapito della centralità di Cristo e della sua mediazione unica con il Padre. Vuole ricondurre quella comunità a fissare il proprio sguardo su Gesù, a concentrare la propria vita e la propria fede su di Lui. Ora, potremmo pensare: ma gli angeli sono creature spirituali e di luce, che male c’era ad averne devozione?
Tutto è bene, ma esiste un bene più grande, un bene assoluto: Gesù Cristo! Questo è l’intento di Paolo: fare sì che il cuore degli efesini torni a Cristo, non perché si sia smarrito in cose cattive, ma perché ha perso la priorità del bene assoluto, la fiducia unica in Dio e nel Signore Gesù. I vostri voti, in fondo, questo significano: vivrete tra molti beni (famiglia, affetti, lavoro, studio, realizzazione di voi stessi), ma il bene vero, unico, sommo, che dà senso a tutto il resto è uno solo: il Signore Gesù Cristo! Ecco perché nostro padre Benedetto nella Regola ci invita a non anteporre nulla all’amore Suo.
Affinché la comunità di Efeso recuperasse il vero senso della fede, l’apostolo la invita a conoscere la verità! Non basta, cioè, avere ricevuto il battesimo, sentirsi parte di una comunità cristiana, occorre sentire nel proprio cuore e nella propria vita la fame e la sete della conoscenza di Dio! Una fede senza conoscenza, una fede senza consapevolezza riflessa di se stessa, persino una consacrazione religiosa senza piena consapevolezza di ciò che essa significa, sarebbe una triste pantomima, una noiosa prassi religiosa, senz’anima e senza frutto.
Adesso comprendiamo il senso pieno, allora, delle parole dell’apostolo: vi esorto io, il prigioniero di Cristo, a comportarvi in maniera degna della vocazione, a cui siete stati chiamati. Paolo sta mostrando la sua esperienza, la sua testimonianza: io per la fede e la vocazione di apostolo sono prigioniero; anche voi, quindi, dovete vivere in modo conseguente alla vostra vocazione. La posta in gioco è alta: qual è allora la vocazione a cui fa riferimento l’apostolo? È la speranza cristiana! La speranza è tutto, sostiene tutto: per speranza crediamo in Dio e nel suo amore; per speranza andiamo avanti nelle difficoltà della vita; per speranza riusciamo a vedere Dio anche nelle tenebre del mondo; per speranza sopportiamo il male che ci viene fatto; per speranza sappiamo che non resteremo delusi. La speranza ci spinge, ci proietta, ci getta verso l’oggetto e la meta della speranza, che è Gesù stesso. Senza speranza non esiste vita, tanto meno vita cristiana e ancor meno vita di monaci e monache.
Quando il cammino si fa fiacco o pesante, non si tratta della vita che è diventata difficile, ma della speranza che si è affievolita.
Solo chi ripone la sua fiducia e la sua speranza in Gesù può essere paziente, magnanimo, longanime e custode dell’unità. Se togliamo Gesù dal centro del nostro cuore, della nostra mente e della vita, allora è ovvio che diventiamo fiacchi nel cammino, litigiosi con i fratelli e diventiamo per loro un impedimento. Abbiamo perso il centro propulsore della nostra esistenza.
Chi fa di Gesù il centro ed il motivo della propria speranza, non demorde, non si stanca, non si smarrisce, non rinuncia ad operare per il bene del fratello, non lavora per umiliarlo e rendergli difficile l’esistenza. Disperato non è chi – pur con fatica ma tenacia – lavora per Gesù; disperato è sempre e solo chi cerca di spegnere la speranza nel cuore del fratello.
Ecco, fratelli e sorelle miei, il senso delle parole dell’apostolo: io ho posto il centro della mia speranza in Gesù, per questo non temo le catene e la morte. Voi riponete la vostra speranza in Gesù ed in Lui soltanto e così vivrete uniti nella pace, nell’armonia, in quella unità che supera ogni divisione perché nasce da Dio e non dall’uomo.
Alla luce di questa parola poderosa dell’apostolo, tra un po’ – chiedendovi di rinnovare i vostri voti – io, in definitiva, non farò altro che chiedervi: in chi volete riporre la vostra fiducia e la vostra speranza?
dom Tonino+
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