Mercoledì 22 gennaio 2020, presso la Casa d'Amministrazione, si sono celebrati i Primi Vespri Capitolari per il III Anniversario di Fondazione della Comunità Monastica Ecumenica Christiana Fraternitas. Nella solenne Celebrazione si è tenuta la rinnovazione della Professione semplice dei monaci e delle monache della Comunità dei Discepoli.
Alle ore 19:30 l'Abate Antonio ha officiato i Primi Vespri della festa della Comunità nei quali cinque tra fratelli e sorelle hanno rinnovato la Professione semplice.
L'omelia del nostro Reverendissimo Padre Abate dom Antonio Perrella
Efesini 4,1-6
Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
Cari fratelli e sorelle, amici ed amiche,
la Lettera agli Efesini, di cui abbiamo appena ascoltato un breve brano, è nota come una delle lettere della prigionìa, ovvero del periodo in cui l’apostolo è in catene per il suo ministero e per il nome del Signore Gesù.
Questa Lettera, per quanto breve rispetto ad altre, mostra una maturità ed un contenuto teologici davvero impressionanti. Potremmo suddividerla in due grossi blocchi: uno di contenuto più dottrinale, fino a tutto il capitolo III, ed una più parenetica (di esortazione) dal capitolo IV alla fine. Il brano che abbiamo ascoltato è il punto di cesura e di passaggio tra queste due parti.
Il primo blocco di argomentazione è una illustrazione, fatta tuttavia con un qual certo trasporto per ciò che si sta affermando, del mistero di salvezza, voluto dal Padre e compiuto da Gesù per mezzo della sua Chiesa. La seconda parte, invece, è un’esortazione a vivere in maniera degna della chiamata ricevuta da Dio a far parte di questo progetto. La logica che lega i due blocchi di contenuto è illuminante: conosco il mistero e lo vivo in me; quindi, posso testimoniarlo con la mia vita.
La vita del monaco/a assomiglia molto al movimento pulsante del cuore: egli si raccoglie e centra, insieme alla comunità, la sua vita in Dio e nel Signore Gesù (movimento sistolico) e solo così può irrorare tutta la vita quotidiana della linfa vitale dell’amore di Cristo (movimento diastolico). Nelle nostre Costituzioni e nella nostra peculiare tradizione di Monachesimo, noi, fratelli e sorelle della Christiana Fraternitas, amiamo dire che non ci sentiamo chiamati a convertire ed evangelizzare nessuno se non noi stessi. Se la nostra vita sarà una vita evangelica, allora risplenderà della luce e dell’amore di Cristo e gli attirerà il cuore degli altri.
Cari Fratelli e Sorelle, che in questo Vespro rinnovate i voti della vostra speciale consacrazione a Dio, vorrei rivolgermi a voi in modo del tutto particolare. La rinnovazione annuale dei voti non è un impegno a tempo determinato per la ricerca di Dio nella nostra vita e per la conversione del nostro cuore a Lui. La stabilitas – a cui ci rimanda la Regola di Benedetto – ci ricorda che essi sono invece una dedicazione di tutta la vita. Vengono rinnovati annualmente proprio per acquisire una nuova consapevolezza, tappa dopo tappa, di Chi è Colui al Quale abbiamo donato tutto noi stessi e qual è la causa a cui Egli stesso ci ha chiamati. Comportarsi in maniera degna della propria vocazione, come ci ha esortato l’Apostolo nella lettura, vuol dire anzitutto riconoscere e ravvivare il dono di grazia che abbiamo ricevuto. Nessuna vita degna può esserci, senza una comprensione profonda del dono alto ricevuto.
Per noi, Monaci e Monache, i voti non sono uno tra gli impegni più o meno importanti della nostra vita; essi sono la forma stessa della nostra vita; sono i principi ispiratori, la chiave di lettura di ogni nostro pensiero, parola, scelta e azione. Nella vita famigliare, nella vita professionale, nella vita delle nostre Chiese di appartenenza, noi viviamo tutto con sobrietà (perché solo Gesù è la nostra ricchezza), con obbedienza (alla Parola di Gesù, unica fonte di vita vera) e con amore puro e disinteressato ogni relazione affettiva (per essere il segno vivente dell’amore nuovo portato da Gesù in mezzo agli uomini). Vorrei fare un esempio concreto: nella nostra vita monastica, che è una forma nuova e peculiare, non si tratta cioè di lavorare e poi di essere sobri, obbedienti e liberi, ma di lavorare essendo sobri, obbedienti e liberi. Il che significa che, mentre lavoriamo, il nostro scopo non è il guadagno, ma il sostentamento nostro, della nostra famiglia e dell’opera che Dio ci ha dato da compiere; mentre lavoriamo noi non lo facciamo a mala pena perché è necessario per campare, ma lavoriamo perché in questo modo obbediamo a Gesù, che ci spinge ad offrire un nostro contributo perché, nella professionalità e serietà dell’impegno, il mondo sia più equo e solidale; mentre lavoriamo noi non lo facciamo per affermare noi stessi e le nostre competenze, ma per donare agli altri ciò che abbiamo ricevuto come un talento. Così si vive la conversio morum che non è necessariamente un cambiamento di azioni e di abitudini, ma una conversione delle attitudini e delle intenzioni profonde con cui viviamo ogni cosa, con cui guardiamo al mondo.
Queste dimensioni della nostra vita e della nostra consacrazione monastica, tuttavia, corrono il rischio di essere belle parole, che ci ripetiamo periodicamente, senza che esse diventino sostanza di vita. Esiste un anticorpo a questo rischio: è la vita comunitaria. Nella preghiera quotidiana, vissuta in unione spirituale alla Comunità, nella preghiera capitolare, che è la forma più alta della nostra preghiera perché è fatta assieme ai fratelli, negli impegni condivisi con la Comunità, io ho la possibilità di prendere ogni giorno coscienza di chi sono e di come devo vivere. Solo una piena, attiva, solerte, appassionata partecipazione e condivisione della vita comunitaria è il ginnasio, la palestra, in cui il mio cuore e la mia mente si allenano a pensare da monaco, a respirare da monaco, a volere e desiderare da monaco, per poter infine vivere ed agire da monaco.
Questo è il motivo per cui voi rinnovate annualmente i voti: perché la sfida che ci è stata affidata per grazia è così bella ed esaltante, gioiosa e necessaria che non basta una vita intera per prenderne piena e definitiva coscienza.
Abbiamo ascoltato il brano della lettera agli Efesini di Paolo, nella Celebrazione dei Primi Vespri, che nella tradizione spirituale monastica sono l’annuncio del nuovo giorno, del giorno di festa; quasi un’alba anticipata di luce! Invochiamo la grazia dello Spirito Santo perché ciascuno di noi gioisca nel proprio cuore e nella propria vita per la dignità che ha ricevuto; invochiamo una rinnovata Pentecoste, perché ciascuno di noi scopra se stesso come un dono ricevuto e da condividere e perché scopra il fratello e la sorella come un dono ugualmente importante e decisivo; imploriamo la sapienza del cuore, dono dello Spirito, perché la sinfonia d’amore, che sale a Dio dalle nostre vite, fuse e indissolubilmente unite dalla fiamma d’amore dello Spirito, si sparga tra gli uomini e nelle Chiese, per far rinascere in tutti la nostalgia dell’unità, cammino costante di tutti verso una comunione desiderata, invocata, pazientemente costruita, fino al giorno in cui finalmente «Dio sarà tutto in tutti» (1Cor 15,28) e giungerà finalmente il giorno senza tramonto (Massimo di Torino, Sermone 53,1,2,4; CCL 23,214-216). Amen.
Io, frà/sr N.N., prometto stabilità, conversione dei costumi e obbedienza secondo i Consigli evangelici e la Regola di Benedetto da Norcia a norma delle Costituzioni per un anno, davanti a Dio, nella Comunità dei Discepoli di questa Famiglia religiosa, dell’Ordine Monastico Ecumenico Christiana Fraternitas alla presenza di Dom Antonio Perrella, Abate Fondatore e dei fratelli e le sorelle del medesimo Ordine.
Suscipe me Domine
secundum eloquium tuum,
et vivam,
et non confundas me
ab exspectatione mea.
(Sostienimi Signore secondo la tua promessa e vivrò, non deludere la mia speranza).
Guarda, Signore, questi tuoi servi N.
che oggi con la professione di vita monastica sotto la Regola
di Benedetto da Norcia
vogliono consacrarsi a te.
Nella tua misericordia fà
che la loro vita glorifichi il tuo nome
e cooperino al mistero della salvezza.
Per Cristo nostro Signore.
Amen
L'abbraccio tra i fratelli e le sorelle neoprofessi/e
L'invocazione di benedizione finale
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