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Lectio Divina Ecumenica "E se parlasse proprio me?" a cura del Teologo Emiliano Galeone

Il 5 ottobre 2019, presso la Casa d'Amministrazione dell'Ordine, Emiliano Galeone, Teologo di provenienza Cattolica-Romana, ha tenuto una lectio sulla parabola del fico sterile in Lc 13, 1-9.





Il Testo integrale del Teologo Galeone

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: «Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?». Ma quello gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai».


Lasciamoci guidare dallo Spirito perché il Signore parli al nostro cuore attraverso questo brano che l’Evangelista ha voluto inserire In questo lungo cammino che Gesù compie per arrivare a Gerusalemme. È il cammino proposto ad ogni discepoli di Cristo, arrivare a donare la propria vita, Gerusalemme, luogo del sommo sacrificio ma che rappresenta anche la meta finale, la Gerusalemme del cielo che è nostra madre e ci attende.

È un cammino dunque che siamo chiamati a fare ed il cammino presuppone anche una pianificazione del viaggio e delle scelte perché questo viaggio sia alleggerito da inutili pesi che potrebbero appesantirlo o peggio arrestarlo.

Lasciare i pesi, cambiare percorso, ritornare sul giusto cammino rientrano sotto un unico termine che nel termine greco usato nei vangeli è Metànoia ossia, letteralmente, inversione di rotta.

Il brano del vangelo che oggi vogliamo far penetrare nel nostro cuore si inserisce nei discorsi di Gesù sulla conversione e sul riconoscere i segni dei tempi di questo invito.

Proprio alla fine del capitolo 12 Gesù dice: "Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?" (Lc 12,56)

È un amorevole rimprovero del Maestro perché lungo il cammino è necessario avere lo sguardo e la mente attenti per non disperdersi e dunque perdere la strada.

Il tempo non è più un lento scorrere inesorabile ma diventa un Kairos, ossia un tempo abitato dalla presenza di Dio, dalla sua grazia, da Dio che viene a visitare il suo popolo. Tutto il tempo allora diventa il luogo per scoprire la Sua presenza e tutti gli eventi che accadono sono da leggere come un richiamo alla conversione, un segno della sua presenza di salvezza e non di condanna.

È stata opportuna questa precisazione inziale perché il dialogo che si presenta a noi nel brano che abbiamo ascoltato si inserisce proprio in questo discorso del riconoscere il segno del tempo della presenza di Dio che ci invita alla conversione e soprattutto mette in evidenza l’ipocrisia deliberatamente scelta di alcuni ascoltatori tra il popolo che non vogliono riconoscere i segni e si abbandonano ancora a leggere la vita e i suoi accadimenti in maniera superstiziosa e apocalittica.

La parabola del fico sterile è unica nel Vangelo di Luca e non trova parallelismi negli altri vangeli ed è preceduta da un evento che sembra non avere concatenamenti con essa, ossia la presenza di alcuni messaggeri che vengono a informare Gesù di alcuni eventi infausti. Curioso che Luca descriva l’arrivo di questi messaggeri iniziando con la frase “in quello stesso tempo” tradotta con Kairos, tempo di grazia, tempo opportuno, tempo giusto. Quindi anche la venuta di questi messaggeri è opportuna per la rivelazione della presenza di Dio. Magari sono venuti con aria pretenziosa per obbligare Gesù a dare una risposta agli eventi catastrofici che sono accaduti. Ma cosa era accaduto?

... quei Galilei, il cui sangue Pilato ...

Vengono riportati a Gesù due fatti storici, il primo narra della violenta e cruenta repressione che il

governatore Ponzio Pilato aveva scatenato contro dei Giudei che, saliti al tempio, stavano sacrificando degli agnelli, così che il sangue di questi animali sacrificati si mescolò a quello dei Giudei giustiziati da Pilato, forse perché ritenuti degli sovversivi. Episodi di questo genere non erano fatti eccezionali all'epoca. Infatti, in quel tempo la Palestina era terra di rivolte quasi quotidiane; mentre Pilato, che ne fu procuratore dal 26 al 36 d.C., è noto per la sua crudeltà e spietatezza. Il secondo fatto è la caduta della torre di Siloe che produsse 18 vittime Una disgrazia, questa, che deve aver impressionato molto i Giudei del tempo, se Luca la riporta nella sua opera.

Entrambi gli eventi verranno presi da Gesù come un simbolo per far comprendere ai suoi ascoltatore che il tempo della conversione è urgente perché non è mai tempo di indulgere per convertirsi a Dio.

Credete che quei Galilei fossero più peccatori ...

Era ancora diffusa la teologia della retribuzione per cui Dio faceva capitare disgrazie ai peccatori perché avevano negato di convertirsi. Pertanto quegli eventi vengono letti dai messaggeri che vanno da Gesù come segno del castigo Divino sui peccatori. A ben pensare anche noi oggi non siamo esenti da questo pensiero, quante volte abbiamo detto davanti ad un evento infausto “ma che peccati ho fatto io per meritare tutto questo”? Ricordiamo come questo pensiero retributivo del peccato si trova nel libro di Giobbe. Giobbe si lamenta con Dio perché lui pur essendo stato fedele alla sua volontà è vittima di una catena di gravi disgrazie che colpiscono lui e i suoi affetti ed effetti.

Implicitamente questi uomini stanno dicendo a Gesù: “siccome a noi queste disgrazie non ci hanno colpiti allora siamo giusti e non abbiamo bisogno di conversione”.

Gesù prontamente risponde confutando questa pretesa di essere giusti che ha il sapore di una arroganza religiosa e proclama che non esiste differenza tra queste vittime e loro e che tutti hanno peccato. Piuttosto la velocità e l’imprevedibilità con cui sono accaduti questi eventi devono farci riflettere sul giudizio di Dio su coloro che non stanno riconoscendo la Sua presenza in Gesù. Ricordiamoci che Gesù addirittura mette in luce un peccato più grave di tutti, contro lo Spirito Santo che non ha perdono e che è proprio il non riconoscere l’opera di Dio in Lui.

I fatti accaduti non vanno letti come la punizione di Dio ma come un invito alla conversione a Lui perché il tempo è giunto, è opportuno è grazia.

Disse anche questa parabola ...

Quel “anche” indica che luca sta collegando i versetti precedenti alla parabola che ora ascoltiamo, quindi il clima, la predisposizione d’animo con cui vogliamo leggere la parabola è l’invito all’urgenza della conversione. La conversione è il frutto che Dio è venuto a Chiedere attraverso la predicazione di Gesù.

Un tale aveva un fico piantato nella vigna ...

Ci troviamo di fronte a due simboli importanti per il popolo di Israele: il fico e la vigna, entrambi presi come simbolo del popolo che, scelto da Dio, è chiamato a portare i frutti del suo amore. A volte li troviamo separati ma anche in accoppiata come in Geremia 8,13, in Osea 9,10 e in Michea 7,1. Spesso questa accoppiata veniva usata per indicare l’infruttuosità e l’infedeltà del popolo di Israele. Dal punto di vista agricolo la vigna è l’ambiente adatto per il fico che più facilmente può predisporsi a dare frutti: pertanto nella parabola di Gesù noi nella vigna ravvisiamo il popolo di Israele e nel fico la sua operosità, i suoi frutti, Dio non se la prende con Israele che è e rimane il popolo eletto, scelto da Dio per narrare le sue grandi opere ma Gesù se la prende con le sue opere, i suoi frutti: Israele si ostina a non riconoscere i segni della presenza di Dio e non produce frutti di conversione.

... e venne per cercarvi frutti, ma non ne trovò ...

Il Padrone che viene è lo stesso Gesù che viene a cercare frutti di conversione e non ne trova e questo è già un giudizio: l’infruttuosità.

Tutto questo ci rimanda alla parabola dei Vignaioli omicidi dove Il padre manda i servi per chiedere i frutti ma vengono bastonati o malmenati o uccisi ed infine uccidono il figlio producendo cosi il giudizio "Verrà e manderà a morte quei coltivatori, e affiderà ad altri la vigna" (Lc 20,8-16) La presenza di Gesù dunque è una presenza di giudizio, egli viene a cercare i frutti della conversione ma l’uomo sceglie di produrli o non sceglie. Pertanto il giudizio non è quello che nel nostri immaginario vediamo in un futuro apocalittico ma il giudizio si realizza nel momento un cui noi scegliamo di dare o non dare frutti. Giovanni lo ricorderà nel suo vangelo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chi crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna ... Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto ..." . I verbi come notate sono tutti a la presente e non a caso.

... sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico ...

Il numero tre nella simbologia biblica indica la perfezione ma è anche il numero degli anni secondo cui i frutti potevano essere puri e pronti per essere consacrati al Signore, ma con molta probabilità il numero tre si riferisce ai tre anni della vita pubblica di Gesù, tempo completo e necessario per la conversione di Israele il cui rifiuto porterà alla nascita di un nuovo frutto che è il nuovo Israele, che sarà capace di produrre frutti di conversione secondo le esigenze e le logiche divine.

Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?

Un linguaggio dai toni molto forti che ci ricorda il testo con cui Giovanni il Battista indica questo tempo di giudizio "La scure è già posta alla radice; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco" (Lc 3,9) . Il tono che viene usato è tipicamente escatologico (ultimi tempi): Gesù è l’ultima parola di Dio, con Gesù il tempo si è compiuto, è necessario un cambio di rotta, una conversione, un aprirsi alla novità di Dio senza adagiarci senza mollezze, senza rinchiudersi nella presunzione di essere giusti soprattutto dal punto di vista religioso. Il giudizio non giungerà perché è già giunto, è questo il tempo del giudizio e non lo stiamo pericolosamente riconoscendo forse, non stiamo leggendo bene i segni dei tempi. Dio ci sta chiamando alla conversione oggi non domani.

... vedremo se porterà frutto per l'avvenire ...

Ecco il giudizio che non è di condanna ma di misericordia, è vero, la scure è già posta alla radice ma non si è levata per tagliarla. Se i tre anni sono stati i tempi di Gesù e della sua predicazione ora ne abbiamo un altro anno, un quarto anno, potremmo definirlo l’anno della Chiesa o meglio l’anno dell’agire di Gesù nella sua Chiesa, è l’anno della misericordia, dell’attesa, in cui Gesù continua a offrire la sua grazia affinché l’uomo porti questi frutti di conversione, non esiste un tempo definito, il vangelo parla di “avvenire” e non da una scadenza. È un tempo di grazia, un tempo in cui ci viene chiesto di far diventare il terreno della nostra vita docile alla Parola di Cristo che vuole zappare e concimare. Due azioni forti: lo zappare indica il distruggere la durezza del terreno, il rompere quindi la durezza del nostro cuore che può far penetrare la freschezza dell’acqua della grazia e la penetrazione del concime. Il concime non è gradevole, però è necessario, cosi come le esigenze evangeliche non sono facili da realizzare ma necessarie se vogliamo liberarci dal male ed aprirci alla libertà di essere figli di Dio redenti. E allora:

"il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo"

(Mc 1,15). E' la nostra ultima opportunità.

Per la riflessione personale:

- Quante volte davanti ad eventi infausti o luttuosi mi sono lasciato prendere dallo sconforto e non ho letto dietro di essi la presenza di Dio che mi invitava a non perdere in lui la speranza.

- Riconosco che il giudizio non è un tempo lontano in cui Dio condannerà i cattivi e premierà i buoni ma è solo il tempo odierno in cui io sono chiamato a scegliere secondo Cristo e le esigenze del Vangelo?

- Dio mi punisce per i miei peccati con le malattie o le disgrazie?

- Il peccato nella mia vita è un motivo per piangermi addosso o una opportunità per rialzarmi e riprendere il cammino ancora più spedito?

- Il tempo della grazia è per me o solo per chi si deve ancora convertirsi?

- Esiste la possibilità che anche al di fuori della mia confessione cristiana, o dai più poveri e da coloro che la religione ha allontanato perché ritenuti “impuri” il Signore stia profeticamente chiamandomi alla conversione e a produrre frutti di misericordia e di accoglienza degli ultimi?



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