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La veglia di Pentecoste 2023 alla Christiana Fraternitas

"...Siamo abitati dallo Spirito e siamo donatori di Spirito Santo. I nostri cuori, le nostri menti, i nostri corpi crismati sono ormai e per sempre effusivi di grazia di Dio; siamo il santuario santo, abitato e benedetto da Dio, che effonde attorno a sé la presenza salvatrice del Signore". Le parole tratte dall'omelia dell'Abate dom Tonino per la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola per la Solennità di Pentecoste.



Anche alla Christiana Fraternitas, presso la Cappella "Santi Benedetto e Scolastica" di Abbey House, si è celebrata la veglia di Pentecoste. La lode della Comunità per i doni dello Spirito si è tenuta in due momenti: la Celebrazione della Parola con la Commemorazione della Cena del Signore e la benedizione per l'olio e l'unzione per tutti i presenti. Il ministero dell'animazione musicale e canora è stato svolto da una rappresentanza del coro "Santa Cecilia".




Riportiamo qui sotto il testo integrale dell'omelia

del Rev. mo Abate dom Antonio Perrella

in occasione della veglia di Pentecoste



Testi di riferimento Gen 11, 1-9; Es 19, 3-8a, 16-20b; Ez 37, 1-14;

Gl 3, 1-5; Sal 103: Rm 8, 22-27; Gv 7, 37-39


Ut novetur sexus omnis unctione chrismatis: ut sanetur sauciata dignitatis gloria.


L’unzione del crisma rinnovi gli uomini tutti, e la loro dignità ferita ritorni all’antico splendore.


Carissimi fratelli e sorelle, cari Amici ed amiche,


nell’inno gregoriano “O Redemptor”, con cui accoglieremo l’olio per il segno dell’unzione, canteremo queste parole che ci introducono nel mistero e nella grazia di tale liturgia, come memoria della nostra consacrazione battesimale e crismale. Il giorno della nostra rinascita in Cristo, attraverso il lavacro battesimale, e quello della nostra unzione crismale, è stato per ciascuno di noi la personale Pentecoste, la personale discesa dello Spirito di Dio che ha riempito il cenacolo della nostra vita e ci ha costituiti come sacerdoti, re e profeti e martiri.


Sì, l’unzione, come pocanzi dicevo, è un mistero, inteso però come la Scrittura Santa lo intende, ovvero come un’opera che Dio compie per rivelarsi e per la nostra redenzione. Nel nostro concetto di mistero convergono, cioè, la lettura sapienziale e apocalittica giudaica, attestata da Paolo (Dio si rivela), e quella sacramentale dei padri della Chiesa (Dio si dona e ci salva).

Dobbiamo allora entrare nel santuario di questo mistero per comprendere ciò che Dio ci ha donato e continua donarci attraverso la mistica unzione che ha riversato su di noi.

Noi per il segno che stiamo per compiere useremo olio, misto a profumo. Sono, dunque, questi due elementi umani insieme che ci manifestano il significato del segno che compiremo oggi: olio e profumo.

Nell’Antico Testamento, l’olio sin da subito ha rappresentato l’esclusiva appartenenza a Dio. Sin dalla Genesi (28,18) Giacobbe eresse una stele – a ricordo del suo incontro con Dio – e la unse di olio. Così Mosè ebbe da Dio l’ordine di ungere la tenda della presenza di Dio ed i suoi arredi con olio «per renderla una cosa santa» (Es 40,9). Aronne ed i suoi figli vengono unti (Es 40,13 ss.) per «un sacerdozio perenne». Allora possiamo dire che il primo significato che l’unzione assume nell’Antico Testamento è quello di rendere una esclusività di appartenenza: la persona o la cosa che viene unta è sottratta al mondo profano ed entra nel mondo sacro, nel mondo delle cose che riguardano Dio. Possiamo dire che il primo significato dell’unzione nella Bibbia è la sacralità della cosa e della persona unta: appartiene esclusivamente a Dio ed è abilitata ad entrare in contatto con la sua santità e la sua gloria. Questa sacralità è, in qualche modo, una esclusione, un allontanamento dalla realtà comune, senza tuttavia che questa porti tristezza. La cosa e la persona consacrate, unte sono sperate dal resto della realtà, per la loro esclusiva appartenenza a Dio, ma sono anche un luogo di pienezza. Lo dirà bene il Salmo 133 che canterà la bellezza della concordia all’interno del popolo. Il popolo unito è come l’unzione della barba di Aronne (sacerdote, persona riservata a Dio) e come l’unzione dell’Ermon (luogo riservato a Dio): lì c’è la benedizione e la vita per sempre. Dove scende l’unzione sacra, lì Dio abita, dimora portando con sé la pienezza di benedizione e di vita.


La seconda forma di unzione, attestata nella Scrittura, è quella dei profeti. A dire il vero, essa è più presupposta che attestata. Infatti, nell’esperienza dei profeti si utilizzano molto i verbi chiamare, mandare, consacrare. Sembra che l’attenzione sia volta più al mandato, alla missione che non all’atto costitutivo della missione. Due sono i riferimenti presenti nell’Antico Testamento: Eliseo ed Isaia.

In 1Re 19,16 Elia viene inviato ad ungere Eliseo come profeta al suo posto. In Is 61,1 è il profeta stesso a parlare: Lo Spirito del Signore è sopra di me perché il Signore mi ha unto con l’unzione. Tuttavia, subito dopo dirà che quella unzione ha un fine: portare il lieto annunzio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà agli schiavi, la scarcerazione ai prigionieri, promulgare l’anno di grazia del Signore» (61,1b-2).

Il profeta, quindi, è unto-consacrato per una missione: parlare in nome di Dio, portare agli uomini la sapienza di Dio. Se il sacerdote è una figura in cui emerge la sacralità dell’unzione, il profeta è una figura nella quale emerge la missione dell’unzione, il motivo dell’unzione. Egli deve stare tra Dio e gli uomini e “mediare”, affinché il popolo – nelle vicende della storia – comprenda la voce e la volontà di Dio e vi rimanga fedele.


In uno stadio successivo della storia del popolo eletto, va strutturandosi una diversa configurazione socio-politica. Le tribù di Israele erano governate da giudici, uomini saggi e prudenti, la cui autorevolezza morale era unanimemente riconosciuta. Poteva trattarsi di capi tribù o meno. Samuele fu l’ultimo dei giudici. I suoi figli non erano all’altezza. Una grande sconfitta di Israele da parte dei Filistei, che erano riusciti persino a prendere l’arca dell’alleanza, condurrà il popolo a rivolgersi all’anziano Samuele perché dia loro un re, come tutti gli altri popoli. Dopo alcune resistenze, Samuele scelse Saul della tribù di Beniamino e lo unse re. Da questo punto in poi l’unzione verrà legata alla incoronazione e alla costituzione del re. Se un profeta o un sacerdote unge un uomo come re di Israele, egli diventa l’unto del Signore mandato da Dio stesso a governare e reggere – in suo nome – il popolo eletto. Il suo compito principale non è meramente politico o militare; egli, cioè, non deve essere il condottiero di Israele per difendere i confini della Terra come possesso terreno, bensì della Terra in quanto concessa da Jahvhè al suo popolo. Quella terra, infatti, è il luogo in cui è stato inviato da Dio per dargli culto liberamente. Il re è unto dal Signore, alla fine, perché governi e guidi militarmente Israele, custodendolo da tutte le forme di idolatria. Per questo motivo il re viene rigettato da Dio quando cade nell’ingiustizia o cede all’idolatria.


Alla luce di questi dati biblici, possiamo ricavare alcune direttrici che ci permettono di comprendere il senso dell’unzione: essa mette in una relazione unica con Dio (sacerdote) e costituisce in una missione: abilita a parlare in nome di Dio (profeta) e a custodire i cuori nella fedeltà dell’amore a Dio (re).


La nostra unzione – abbiamo detto – unisce però l’olio al profumo. Anche il profumo parla della pienezza che viene da Dio. In Genesi (27,27) l’odore dei campi in fiore e in frutto è il segno della benedizione di Dio sulla terra. I profeti annunciano al popolo la prosperità come profumo di incenso che si diffonde e profumo di gigli del campo che pervade l’atmosfera (Os 14,6). Il profumo parla anche della sapienza, che ha stabilito la sua dimora in Sion (Sir 24,15). Infine, il profumo parla di un amore totalizzante e sponsale (Ct 4,11). Nel Nuovo Testamento, Paolo dirà che «Dio spande per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza nel mondo intero. Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo» (Fil 4,18).


Cari fratelli e sorelle, cari Amici ed amiche, tra un po’ verremo unti di questa santa e mistica unzione, in ricordo della nostra unzione battesimale e crismale. Come in quel giorno, anche oggi per noi si manifesta e si realizza quel santo mistero.

Noi saremo il profumo dell’umanità nuova, che non è dispersa in mille lingue divisive (cf Prima Lettura: Gen 11,1-9), ma parla l’unica lingua che unisce, cioè quella dell’amore di Cristo.

Noi saremo la nazione santa ed il popolo di sacerdoti, che Dio si è scelto come particolare eredità (cf Seconda Lettura: es 19,3-8a.16-20b), per mostrare a tutti gli uomini e le donne la gioia del suo amore di elezione.

Noi saremo le ossa, su cui il Signore soffierà il suo Spirito di vita perché tornino a mostrare la pienezza e la esultanza della vita vissuta in lui e con lui (cf Terza Lettura: Ez 37,1-14), perché manifestino al mondo che, quando viene lo Spirito di Dio, tutto può sempre risorgere.

Noi saremo i figli e le figlie, gli schiavi ed i liberi, che Dio ha scelto e consacrato per essere suoi profeti (cf Quarta lettura: Gl 3,1-5), per mostrare al mondo che egli oramai non fa più preferenza di persone ma che in lui tutti sono salvati.

Noi saremo il gemito della creazione, che dalla terra si innalza al cielo, per manifestare a chiunque che ogni cosa rinasce nello Spirito per una vita che non si corrompe e non finisce (cf Lettura apostolica: Rm 8,22-27).

Ed infine noi saremo, nella grazia e nella forza dell’unzione, fonti zampillanti di vita eterna, perché chi si accosterà a noi avvertirà la fresca rugiada della vita nuova (cf Vangelo: Gv 7,37-39) e si lascerà pervadere della soave fragranza dell’amore di Dio.


Sorelle e fratelli, amati, scelti, unti e consacrati dal Signore,

voi vedrete che, tra un po’, mentre invocheremo su di noi la discesa dello Spirito Santo significata dell’unzione, che dà vita e rinnova tutte le cose, tutti voi sarete chiamati ad alitare su l’olio misto a profumo, dopo di me. Tutti compiremo il segno che Gesù fece sugli apostoli: alitò e donò lo Spirito, perché tutti – nell’unzione battesimale e crismale – siamo abitati dallo Spirito e siamo donatori di Spirito Santo. I nostri cuori, le nostri menti, i nostri corpi crismati sono ormai e per sempre effusivi di grazia di Dio; siamo il santuario santo, abitato e benedetto da Dio, che effonde attorno a sé la presenza salvatrice del Signore.

Vi supplico nel Signore: «Non spegnete lo Spirito, non soffocate lo Spirito» (1Ts 5,19)! Lasciate che sia lui, sapienza e consiglio di Dio, a ispirare i vostri pensieri; lasciate che sia Lui, forza di Dio, a guidare le vostre azioni; lasciate che sia Lui, fonte di pietà, a riempire i vostri sentimenti verso chiunque.

Vi supplico nel Signore: diventiamo ciò che siamo, diventiamo ciò che siamo stati fatti: fonti zampillanti di vita, vasi traboccanti di unzione di gioia e di amore, con la dolce forza dello Spirito di Dio. Amen.

dom Toniono +



Qui sotto il video della veglia di Pentecoste. (ci scusiamo se la liturgia d'introduzione non è stata registrata per problemi tecnici)




PAX

UT UNUM SINT

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