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L'umiltà in Scolastica come Opera di Dio in lei.

" ...dolce umiltà alberga nel cuore di tutti coloro che hanno avuto sentore della sua presenza nella propria vita. E chi potrebbe rappresentare questa attitudine meglio di una donna innamorata di Dio, come si tramanda che sia stata Scolastica" alcune delle parole tratte dalla meditazione di sr. Maria Grazia Bianco .


Mercoledì 10 febbraio 2021 alle ore 19:30, presso la Cappella della Casa d'Amministrazione della Christiana Fraternitas si è svolta la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola per la memoria delle Opere di Dio in Scolastica, sorella di Benedetto da Norcia. La meditazione è stata tenuta dalla Segretaria generale della Famiglia Monastica sr. Maria Grazia Bianco.


Appunti della meditazione tenuta da sr. Maria Grazia Bianco

in occasione della

Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola 2021

nel ricordo delle Opere di Dio in Scolastica


Testo di riferimento Matteo 11, 25-30


Care Sorelle e Fratelli,

nella celebrazione di oggi, 10 febbraio 2021, ricordiamo Scolastica e Benedetto e soprattutto le grandi opere di Dio in loro.

In riferimento ai brani della Scrittura che abbiamo letto/pregato una parola greca intraducibile in italiano, agàpe, emerge come una sorgente, perché indica l’amore, il sentimento che muove tutti i cercatori di Dio e che si manifesta nella fede in Lui. Un amore del tutto gratuito che vuole solo il bene dell’altro, persino del peccatore, del nemico, come dice ancora Matteo: "Amate i vostri nemici" (Mt 5,43).

Mt.,25 In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti (oggi diremmo intellettuali) e le hai rivelate ai piccoli. Nel testo di Matteo Gesù ha appena vissuto una crisi, un fallimento dato che alcune città dove pure ha compiuto segni straordinari hanno rifiutato la conversione, la trasformazione operata dall’amore; ebbene, proprio allora - Ἐν ἐκείνῳ τῷ καιρῷ - rivolge una preghiera al “Padre e Signore dell’universo” (nei Vangeli sinottici l’unica altra preghiera sarà nel bosco del Getsemani) indicando i destinatari del suo amore, i “piccoli”, i νηπίοις, propriamente gli infanti (ne epos), coloro che non sanno parlare, i semplici, gli umili insomma, cioè coloro che hanno bisogno come i bambini, che sono vuoti e pertanto pronti ad essere riempiti dell’amore. Quanto ai sapienti e intelligenti essi sono gli scribi e i dottori della Legge con i suoi 613 precetti, quelli che caricano le altre persone di pesi che schiacciano, insopportabili, quelli che già hanno rifiutato e tramano contro Gesù, non certo le persone di cultura che pure possono essere pure di cuore, pronte ad accogliere e farsi vaso dell’amore di Dio. Paolo scriverà “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i saggi, ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” (1Cor 1,27).

Mt.,27 Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.

Dio lo si può conoscere dalla Legge, il Dio della Torah, il Padre, invece, lo si conosce nel senso di sperimentare la sua azione, propriamente la misericordia, e quindi attraverso l’amore. È Gesù l‘Emanuele, il Dio-con noi, il tramite attraverso cui si può partecipare a questa vita divina: è lui la porta per accedere al Padre, come dirà nel quarto vangelo ( Gv 14,6), è lui la meta del cammino e della ricerca incessante di chi si pone in ascolto nel cuore.

Mt. 28 “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. 30 Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.

E io vi ristorerò, κἀγὼ ἀναπαύσω ὑμᾶς, l’invito è per tutti, oppressi dal peso di mille fardelli, la superfetazione dei 613 precetti della Torah per gli Ebrei o il carico degli egoismi, delle aspettative, della brama defatigante di beni e orpelli per noi: io vi metterò in pausa, vi farò respirare…

Imparate da me, ὅτι πραΰς εἰμι καὶ ταπεινὸς τῇ καρδίᾳ, che sono mite e tapino nel cuore (cuore nel senso ebraico dell’interezza della intelligenza e coscienza):

πραΰς il termine in greco è connesso con il giogo sul collo degli animali, quindi vale come domestico, mansueto, ταπεινὸς è l’umile, che sta in basso, sul tappeto (tapes)…

Gesù offre dunque di cambiare il giogo umano del potere/ essere/apparire con il suo, divino e caratterizzato dalla misericordia e dall’amore accogliente di fratelli e sorelle, e per tutti questo è possibile, a patto di conservare o far rivivere lo “stupore infantile” della scoperta del mondo.


Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, dice Gesù in una espressione semplicemente sublime, e questa dolce umiltà alberga nel cuore di tutti coloro che hanno avuto sentore della sua presenza nella propria vita.

E chi potrebbe rappresentare questa attitudine meglio di una donna innamorata di Dio, come si tramanda che sia stata Scolastica (480-543), la sorella di Benedetto (480-547), colui che introdusse il monachesimo cenobitico in Occidente? Entrambi infaticabili cercatori di Dio, la cui vicenda biografica si ammanta di leggenda.

L’unica fonte che attesti l’esistenza di Scolastica, secondo la tradizione sorella gemella di Benedetto, è quella di papa Gregorio Magno (540/604), che ne delinea un ritratto nel terzo libro dei suoi Dialoghi. La tradizione agiografica e storica del Cristianesimo tramanda di altre sorelle di fondatori di ordini monastici in Oriente e Occidente, come Macrina per Basilio, Maria, sorella di Pacomio, una sorella di Agostino, di cui non si conosce il nome… e così per altri. Del resto di senso trasparente è anche il nome, che etimologicamente rimanda alla schola, e indica quindi una persona istruita, di un certo spessore culturale, oltre che rivestita di purezza e fede.

Avviata sin da bambina alla vita monastica, segue il fratello a Montecassino e a sette chilometri dall’abbazia fondata da Benedetto (sarà un caso che sia la stessa distanza di Emmaus da Gerusalemme?) dà origine al monastero di Piumarola, adottando la Regola e dando luogo al ramo femminile dell’Ordine.

Dunque nel racconto per certi versi agiografico e simbolico di papa Gregorio i due hanno la consuetudine di incontrarsi una volta l’anno fino ad un giovedì santo, presumibilmente, quando accadrà per l’ultima volta. Venuta infatti l’ora di ritirarsi in cella, Benedetto secondo la sua Regola vuole congedare Scolastica, tuttavia questa, che desidera continuare a parlare di cose del cielo, raccoltasi in preghiera sembra ottenere da Dio un miracolo, una pioggia così forte che le impedisce di tornare al suo monastero: “Così trascorsero tutta la notte vegliando e si saziarono di sacri colloqui raccontandosi l’un l’altro le esperienze della vita spirituale.[…]

Non fa meraviglia che Scolastica abbia avuto più potere del fratello. Siccome, secondo la parola di Giovanni, «Dio è amore», fu molto giusto che potesse di più colei che più amò.

Ed ecco che tre giorni dopo, mentre l’uomo di Dio stava nella cella e guardava al cielo, vide l’anima di sua sorella, uscita dal corpo, penetrare nella sublimità dei cieli sotto forma di colomba. Allora, pieno di gioia per una così grande gloria toccatale, ringraziò Dio con inni e lodi, e mandò i suoi monaci perché portassero il corpo di lei al monastero, e lo deponessero nel sepolcro che aveva preparato per sé.

Così neppure la tomba separò i corpi di coloro che erano stati uniti in Dio, come un’anima sola”.

La colomba, simbolo della pace nel Primo Testamento e del Santo Spirito nel Nuovo conclude il racconto edificante ed evoca il Cantico dei Cantici, 2,14: O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,/nei nascondigli dei dirupi,/mostrami il tuo viso,/fammi sentire la tua voce,/perché la tua voce è soave,/il tuo viso è leggiadro».

Potè di più colei che più amò scrive Gregorio, per il quale la ricerca di Dio e l’amore di dio per noi e di noi per Lui costituisce la cifra della Regola benedettina: l’espressione Si revera quaeris…sottende qualunque discorso di Benedetto.

La Scolastica consegnataci dalla tradizione religiosa, letteraria, artistico/iconografica

corrisponde comunque al profilo di un personaggio che, per quanto programmatico e retorico, è fondato su un importante aspetto della spiritualità femminile nei termini di dolcezza, umiltà, fede ed è ben rappresentata dalle parole della abbadessa benedettina Anna Maria Cànopi scrittrice e fondatrice del monastero sull’isola di San Giulio nel lago d’Orta, morta nel marzo 2019:

Scolastica compie un prodigio in forza del suo amore e della sua preghiera. E’ un miracolo che scaturisce sotto il segno della gratuità, che ci ricorda quello ottenuto da Maria alle nozze di Cana, per prolungare la gioia del convito.

Scolastica ha consumato la sua esistenza in assoluta fedeltà alla vocazione che le era nata in cuore fin dall’infanzia. Ora, giunta alla piena maturità, dimostra di avere conservato la stessa fede semplice e sicura in un animo fresco come polla d’acqua sorgiva.

Come ho già detto, mi pare che proprio in questa donna consacrata, si incarni splendidamente la tensione escatologica che percorre tutta la regola benedettina.

Per essere giunta a una tale intensità di vita interiore e di preghiera, tanto da poter essere esaudita all’ istante dal Signore, la santa sorella del patriarca dei monaci aveva certamente compiuto un alacre cammino di fede, di carità e di unificazione interiore. Aveva vissuto fedelmente la vocazione monastica e, guidata dal Vangelo e dalla Regola (“ per ducatum evangelii”) si era lasciata condurre là dove l’unica legge è quella dello Spirito, che è amore e libertà, e che in ultimo trascende tutte le regole, dopo che si sono fedelmente osservate.


Soprattutto dagli anni Cinquanta si studia il mondo monastico femminile, ancora oggi per motivi intuibili molto meno conosciuto di quello maschile, al fine di indagare le condizioni storiche, socioculturali, soprattutto spirituali, della vita delle monache in particolare e delle donne in generale nel Medioevo. In effetti mancano cronache, storie, fonti agiografiche e liturgiche, data la clausura cui erano soggetti quasi tutti i monasteri femminili e l’assenza di Regole scritte specificamente per gli ordini femminili.

Eppure proprio in questo ambiente la monaca può elaborare una preparazione culturale anche molto profonda ed esprimere appieno la propria personalità, senz’altro molto più delle donne che conducono una vita laica, il più delle volte analfabete, come del resto la maggior parte degli uomini contemporanei.

Già nelle norme dettate da Pacomio (292/348?) l’obbligo allo studio delle Sacre Scritture interessa anche le donne: Nel monastero non ci sia proprio nessuno che non sappia leggere e non ricordi qualcosa della Scrittura: come minimo il Nuovo Testamento e il Salterio.

Questo determinerà un progresso intellettuale e conseguentemente un livello di autonomia e libertà impensabili per le donne rimaste “nel secolo”, per cui nei cosiddetti “secoli bui” che per molti aspetti tali non sono, la monaca vivrà da teologa la Sapientia Dei; quella Sapienza di cui pure è considerata icona nella Bibbia.

Secondo la tradizione agiografica anche per Basilio il personaggio della sorella Macrina determina la conversione alla vita ascetica e la nascita di un monastero femminile di cui fa parte anche la madre; ugualmente la sorella di Agostino fonda un monastero urbano che segue probabilmente la Regola del fratello, di una sorella e di un gruppo di ascete romane che lo seguono si parla anche per Girolamo (347-419/20), l’autore della cosiddetta Vulgata, la prima traduzione in latino della Bibbia.

L’elenco potrebbe continuare per tutto il periodo che va dal IV al X secolo; così accanto agli apoftegmi, o detti, degli Abbas, o Padri del deserto, non mancano quelli delle Ammas, o Madri, protagoniste di una uguale esperienza; cito due detti che possono riportare alla esperienza della più celebre, Sincletica (dal nome etimologicamente significativo), di cui abbiamo una biografia attribuita ad Attanasio sulla falsariga di quella di Antonio:

16. Disse inoltre: «Quando stiamo nel cenobio è preferibile l'ubbidienza all'ascesi: una infatti insegna l'orgoglio, l'altra l'umiltà».

19. L'amma Sincletica ebbe a dire: «Molti che vivono sui monti si comportano come quelli che stanno in città e si perdono. E’ possibile, in mezzo a tanta gente, starsene da soli con la mente, come anche, vivendo da soli, stare con la mente tra la folla». In effetti il detto sembra adattarsi al fenomeno anche moderno dei nuovi eremiti urbani.

Nel tempo il monastero diventa scuola di formazione per giovani donne e talvolta vi approdano regine vedove e principesse cadette, come anche ex prostitute e diseredate, quali Taide e Santa Maria Egiziaca, iconograficamente rappresentata come unicamente ricoperta dei propri capelli ed esemplata sulla figura della Maddalena, sintetizzata da tre personaggi evangelici nella figura della prostituta proprio da papa Gregorio Magno.

La fioritura dei saperi femminili continua generosa nei secoli successivi dando luogo a fioriture di straordinari di talenti con il teatro filosofico/morale di Rosvita, la filosofia di Eloisa o la mistica di Ildegarda di Bingen e Mechtilde di Magdeburgo. Tuttavia bisognerà aspettare il Novecento per vedere riconosciuto alle donne da parte delle gerarchie ecclesiastiche un ruolo ufficiale nella ricerca teologica, che parli e si esprima secondo il genio femminile, oppure vedere assegnato il ruolo di dottore della chiesa nel 1970 da papa Paolo VI a Teresa d’Avila dopo tre secoli,mentre di secoli ne sono trascorsi sei per Caterina da Siena. Su 36 dottori della chiesa quattro sono donne, Ildegarda di Bingen e Teresa di Lisieux oltre Teresa e Caterina.

Se oggi la teologia parla e si esprime anche secondo il genio femminile non mancano figure di monache che si iscrivono nel solco della tradizione benedettina, o di altri ordini religiosi, come di donne che si autolegittimano eremite nei normali ambienti di città o di campagna.

Tale è l’esperienza di Adriana Zarri (1919/2010), teologa, giornalista ed eremita, che ha vissuto «nel grande solco della fede» la normalità del quotidiano: «Sono un’ eremita come potrei essere una suora, o una moglie, o un padre; vivo in una cascina di campagna, come potrei vivere in un monastero o in un appartamento di città; faccio la scrittrice come potrei fare la sarta. Niente importa perché tutto è importante nella medesima maniera».

Mentre concludiamo con le la preghiera di Anna Maria Cànopi,

O Dio, che hai rivestito di luminosa innocenza

la (santa) vergine Scolastica,

fa’ che possiamo anche noi piacerti

nella trasparente fedeltà quotidiana al vangelo,

per poter godere di te un giorno nel cielo.

Per Cristo nostro Signore. Amen

Sr. Maria Grazia Bianco

Segretaria



Al termine della cena conventuale, la sorpresa delle nostre consorelle:

il "DOLCE DI SCOLASTICA" O "SCOLASTICOSE"! (Vedi foto qui sotto)

Ci auguriamo che il prossimo anno, la situazione della pandemia, ci consenta di condividerlo con tutt* voi!

Pax

Ut unum sint!

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