"Questo è per voi il segno: troverete un bambino!
Lasciati educare da questo bimbo. Contemplalo ed in lui trova te stesso ed il senso della tua vita.
Guarda, sorridi ed attendi…
Così finalmente anche tu potrai cantare: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini, amati dal Signore»"; sono le parole con cui l'Abate Perrella ha chiuso la sua omelia per la Celebrazione della Commemorazione del Natale del Signore 2024.
Martedì 24 dicembre 2024 alle ore 23:00, presso la Cappella "Santi Benedetto e Scolastica" della Casa Apostolica (Abbey House) della Christiana Fraternitas si è svolta la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola "in Nativitate Domini" e la Commemorazione della Cena del Signore. La preghiera è stata trasmessa in diretta Facebook per raggiungere quanti desideravano condividere con la Famiglia Monastica l'attesa del Natale.
Testo integrale dell'omelia del Reverendissimo Abate dom Antonio Perrella
in occasione della Celebrazione della Parola
"In Nativitate Domini" 2024
Testo di riferimento Lc 2, 1-14
Questo è per voi il segno: troverete un bambino!
Che poca cosa ci dai questa notte, Signore! Un bambino… è fragile, indifeso, incapace di agire e reagire alle complesse situazioni della vita e della storia.
Ma perché, Signore, il segno che hai scelto è quello di un bimbo?
1. - «Perché un bimbo scruta!».
Signore, ma anche io scruto.
- «No! Voi di solito guardate ma avete perso la capacità di scrutare.
Gli occhi di quel bimbo vi parlano di uno sguardo che contempla, di uno sguardo curioso e interrogante che attende di ricevere il significato delle cose, che non pretende di determinarlo…
Gli occhi di quel bimbo non pretendono di insegnare nulla al mondo, al massimo chiedono al mondo di mostrare il suo segreto ed il suo significato più intimo. Sono occhi che ricevono, sono occhi disarmanti, sono occhi che scrutano nella consapevolezza che esiste molto da scoprire, da capire, da cui lasciarsi emozionare e da amare…
Non sono occhi rapaci, violenti, che vogliono impossessarsi di ciò che guardano; che vogliono possedere le cose come un oggetto per il proprio godimento, per il proprio interesse.
I vostri sguardi scompongono la realtà non per conoscerla, ma per ricostruirla a vostro piacimento, secondo i vostri scopi. Non sapete più guardare con ammirazione e gratitudine.
Guardate e desiderate possedere, così vi sbranate in una perenne competizione per chi possiede di più, per chi vuole ciò che l’altro possiede. Litigate e fate guerra: vedete territori e li invadete, chiudete i confini perché altri non abitino quelle che ritenete le vostre terre. Guardate la sofferenza altrui e ne godete o rimanete indifferenti.
Voi guardate, sì, ma non sapete più scrutare perché avete perso lo sguardo accogliente e conoscete solo lo sguardo del possedere».
2. Questo è per voi il segno: troverete un bambino!
Ma perché, Signore, il segno che hai scelto è quello di un bimbo?
- «Perché un bimbo sorride!».
Signore, ma anche io sorrido.
- «In genere voi ridete, ma sorridete poco. Preferite consumare tutto in una rapida risata, che vi fa dimenticare per un po' le vostre difficoltà, ma non sorridete più alla vita perché non la scrutate più.
Voi vi illudete di possedere la vita, di vivere la vita, ma in realtà siete travolti dal flusso della vita e non la dominate più. È lei, con i suoi eventi ed i suoi ritmi a possedere voi.
Non amate più il tempo perché non sapete viverlo, infatti consumate tutto e subito. Il tempo per voi è diventato una maledizione, la causa dello stress perché il vostro sguardo che pretende non vi ha abituati a spendere il tempo per ammirare, così il tempo passa e voi volete sempre di più e, se non riuscite ad ottenere, correte sempre più velocemente, nell’affanno dei vostri desideri. Non sapete più godere delle cose, delle persone, del mondo. Non sorridete più alla bellezza che vi circonda.
Non scrutate e non ascoltate, per questo avete smesso di sorridere. Il sorriso è un dolce movimento del cuore prima che del volto, perché richiede un cuore capace di stupirsi, un cuore gentile che lascia che ogni cosa sia se stessa, senza pretendere di cambiarla…
Un bimbo scruta attorno a sé e sorride, perché vede la meraviglia di un mondo immenso, in cui tutto è scoperta, tutto è dono, tutto gli viene incontro nella sua splendente bellezza e di essa egli è capace di bearsi senza volerla possedere, senza privare le cose di se stesse.
Voi non sorridete più, perché pensate che le cose debbano essere vostre, le persone debbano essere come voi e la storia debba andare secondo i vostri piani. Siete così rattrappiti su voi stessi che la differenza delle cose, delle persone e della storia per voi sono diventate un problema, anziché una ricchezza di cui bearsi. È per questo che odiate, per questo fate la lotta a quelli che ritenete diversi da voi, cercate di cambiare la storia a vostro piacimento e – se non ci riuscite – vi accanite con odio e violenza contro qualcuno o qualcosa, che vorrebbe semplicemente poter vivere la propria vita e la propria storia.
Non sapete più sorridere alla iridescenza della realtà e così create povertà, emarginazione, sfruttamento, abbandono. Se quello che sta dinanzi a voi non corrisponde ai vostri piani, lo scartate. Vi avvicinate a qualcuno e poi lo lasciate perché non è come avreste voluto o perché la sua vita non si concilia con la vostra. Vi avvicinate a qualcosa e volete che essa vi obbedisca e, se non lo fa, la gettate via. Che sia persona, oggetto, animale, cultura o popolo, secondo voi ha diritto di esistere solo se si sottomette a voi.
In questo modo, il vostro sorriso si è deturpato in un ghigno di sufficienza, di superiorità e di disprezzo verso ciò che vi circonda.
3. Questo è per voi il segno: troverete un bambino!
Ma perché, Signore, il segno che hai scelto è quello di un bimbo?
- «Perché un bimbo attende!».
Signore, ma anche io attendo.
- «No, voi di solito protendete e pretendete!
Protendere per voi non significa più andare verso l’altro, ma tendere le mani per prendere, per manovrare. Guardate un terreno e, non sapendo più scrutare e sorridere, la prima domanda che sorge dentro di voi non è: “ma da dove viene tutta questa bellezza?”. La prima domanda che vi fate è: “Cosa potrei farci e quanto potrei guadagnarci?”.
Il vostro protendere non è come quello di un bimbo che tende le sue braccia e attende di essere abbracciato. Voi vi sporgete verso tutto in maniera incombente e distruttiva. Non siete più capaci di fermare le vostre mani e piegare le vostre ginocchia in atteggiamento umile di chi scruta e sorride, riconoscente per la grandezza che lo circonda. Anzi, neppure vi accorgete di essa, perché siete sazi di voi stessi. Così ripieni di voi e del vostro orgoglio, pensate che nulla possa migliorarvi ma presumete di dover essere voi a migliorare ogni cosa. Tutto vi appare sbagliato, perché in realtà siete voi ad essere sbagliati. Avendo perso l’attitudine a scrutare e sorridere, non vi lasciate più sorprendere e meravigliare.
Un bimbo, invece, attende. In modo misterioso sa che crescere vuol dire saper aspettare i tempi della maturazione. Sa che dovrà imparare molte cose. Per lui toccare è un’emozione, non un desiderio. Camminare è una gioia, non una fatica. Costruire è un gioco, non un guadagno. Imparare è un’avventura meravigliosa, non una sofferenza a cui doversi assoggettare per non correre rischi.
Le braccia protese di un bimbo attendono che altre braccia emozionate lo accolgano e lo custodiscano. Vuole essere preso, non prendere; vuole essere amato, non amare; vuole essere custodito, non posseduto né possedere.
Un bimbo attende che qualcuno si accorga di lui e si occupi di lui.
Un bimbo attende che qualcuno lo sfami, lo culli, lo pulisca.
Il suo pianto, per i suoi bisogni, non è la pretesa di essere servito, ma il canto della fragilità che vi ricorda che nessuno basta a se stesso.
Voi, invece, presumete di essere autosufficienti e i vostri pianti sono la distonia di pretese insoddisfatte, di presunzioni sconfitte, di arroganze umiliate. Il vostro pianto è uno stridore di rabbia, perché non avete saputo attendere, non avete saputo chiedere. Pensavate di potervi protendere e pretendere, ma non ci siete riusciti e vi dimenate in una logorante rabbia, che diviene violenta e invasiva.
Quel bimbo, invece, tende le sue mani e vi chiede di accoglierlo solo dopo esservi lasciati da lui disarmare. Disarmare di voi stessi, delle vostre arroganze, dei vostri asti, delle vostre competizioni.
4. Questo è per voi il segno: troverete un bambino!
Ora, Signore, guardo; e sorrido.
Questo bimbo, che mi sembrava un segno così labile, invece ora mi appare potente, perché mi mostra chi avrei potuto essere. Ma non ho avuto il coraggio di esserlo!
Guardo questo bimbo e vedo la meraviglia delle cose e delle persone, perché in quel volto c’è ogni creatura, unica e irripetibile.
Questa meraviglia mi rapisce e sorrido dinanzi alla splendente diversità delle cose, delle storie, delle vicende e voglio che tutto abbia il diritto di essere come io voglio avere quel diritto.
Sorrido alla tua inesauribile fantasia, sorrido a ciò che non comprendo; sorrido persino a ciò che non piace, perché forse non mi piace solo perché io non lo comprendo, non perché debba essere necessariamente sbagliato.
Però, Signore, vorrei anche saper di nuovo attendere, che forse per me è la cosa più difficile. Attendere significa scoprire che c’è un di più, una grandezza che deve ancora venire. Io non so più cosa attendere; anzi, attendere persino mi spaventa, perché temo le implicazioni impreviste o addirittura che ciò che verrà possa non piacermi…
Ma, più guardo questo bimbo, e più sento che c’è ancora vita, c’è ancora bellezza, c’è ancora speranza, c’è ancora amore e beatitudine.
Dammi la pazienza delle attese, la capacità magnanima di offrire tempo a me ed agli altri, agli eventi ed ai cambiamenti, ai cominciamenti ed ai compimenti.
Dammi la pazienza delle attese, perché in fondo è in esse che posso trovare me stesso.
5. Questo è per voi il segno: troverete un bambino!
«Lasciati educare da questo bimbo. Contemplalo ed in lui trova te stesso ed il senso della tua vita.
Guarda, sorridi ed attendi…
Così finalmente anche tu potrai cantare:
Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini, amati dal Signore».
dom Antonio Perrella
Abate della Christiana Fraternitas
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