Venerdì 24 dicembre 2020 alle ore 19:30, presso la Cappella della Casa Apostolica (Abbey House) della Christiana Fraternitas si è svolta la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola "in Nativitate Domini" e la Commemorazione della Cena del Signore. La preghiera è stata trasmessa in diretta Facebook per raggiungere quanti desideravano condividere con la Famiglia Monastica l'attesa del Natale. Suggestiva la predicazione dell'Abate Antonio, il quale ha messo in scena il dialogo tra un pastore ed un angelo.
L'omelia del Reverendissimo Abate dom Antonio Perrella
in occasione della Celebrazione della Parola
"In Nativitate Domini" 2021
Testo di riferimento Lc 2, 1-14
Il pastore e l'angelo
È giunta un’altra notte: gelida come tutte le altre, tenebrosa e solitaria come le altre. Inizia il mio turno di lavoro: sono il più giovane del gruppo, ho iniziato da poco a lavorare con gli altri e, quindi, le veglia notturna sulle pecore spetta a me.
Partiamo per la transumanza due volte l’anno: in primavera saliamo verso i monti ed in autunno scendiamo. Abbiamo pochi giorni per rimanere a casa. Sono al mio sesto spostamento, altri quattro e finalmente potrò passare al turno mattutino, perché verranno altri, più giovani di me, che faranno la gavetta di notte.
Per adesso, però, devo farlo io. Sono, qui, seduto a terra, col fuoco acceso per scaldarmi, e l’orcio di vino – annacquato – per non addormentarmi e per non far finire troppo presto le scorte.
Odio la notte! È solitaria, mi costringe a pensare ed io preferisco il chiasso, perché così non mi ricordo la mia storia e la mia vita. È fredda ed io non ricordo cosa voglia dire il calore di un abbraccio ed il tepore di una casa. È piena di spettri, mi sa di malvagio, ed io anche sono stanco di essere annoverato tra i malvagi. E sì, perché un pastore della Palestina è considerato un malvagio. Ci chiamano impuri, perché stiamo a contatto con le impurità degli animali e poi perché ci considerano ladri: rubiamo l’erba altrui per sfamare le pecore e sono convinti che, per mangiare, uccidiamo di tanto in tanto le pecore del padrone. Io non so neppure quale sapore abbia la carne di agnello, non ho mai osato toccarne uno! Eppure, quei pochi giorni che torno a casa, mia madre è contenta perché le porto i soldi della paga, ma mi tiene chiuso in casa perché si vergogna del lavoro che faccio. Non posso entrare in sinagoga, perché -impuro- non sono degno di stare alla presenza del Santo dei Santi. Quelle poche volte che sono andato in piazza, tutti sono scappati via, soprattutto se si avvicinava una festa, perché avevano paura di essere contaminati dal pastore impuro e di non poter celebrare poi il culto.
Sin da bambino ho iniziato a lavorare per contribuire ai bisogni della mia famiglia. Papà è morto quando io ero piccolo ed in casa siamo otto figli. Nessuno ci protegge e pensa a noi e così tutti dobbiamo darci da fare. A me è toccato fare il pastore. Ma lo odio! Ero orfano di padre ed ora sono solo, allontanato come se avessi la lebbra, colpevole di fare un lavoro sgradito, ma è solo per sfamare mia madre e i miei fratelli.
E la notte – maledetta notte – mi fa tornare tutto questo in mente e lo detesto.
Sapete, in questi giorni, vi è stato un via vai di gente come mai ne avevo visto: carovane verso nord e verso sud, tutti a spostarsi per raggiungere i paesi di origine. C’è il censimento, dicevano. Ho saputo che bisogna andare a iscriversi nella propria città. Io non posso, devo lavorare! E così non solo resterò senza nome, ma se – malauguratamente - mi incontreranno i romani mi accuseranno anche di aver evaso le tasse e, quindi, di essere colpevole di sedizione, che è punita con la morte! Mai sia…
Ma vi accorgete anche voi? Questa notte mi sembra strana. Vi è una sorta di tepore e di quiete insolita in questa stagione dell’anno. Il freddo è meno pungente. Sembra come se vi fosse un fuoco immenso nelle vicinanze, che spande il suo calore fin qui.
La bufera è cessata. Sembra quasi che il creato tutto si sia arrestato come ad ammirare un evento sconvolgente. Ah! Forse farnetico. Ma – che volete – in qualche modo devo pure passare il tempo e distrarmi dai cupi pensieri della notte.
Ohh aspettate! aspettate! Che succede? Lì, all’orizzonte, vedo un fenomeno assurdo: una nuvola di lucciole sembra alzarsi in cielo e venire verso le greggi. Le lucciole? In questa stagione? Così tante? Ma sicuro che il vino fosse annacquato o quei buontemponi dei miei compagni mi hanno giocato qualche brutto scherzo? E no! No, no! Sono proprio lucciole, luminose e danzanti, che volteggiano nel cielo e sembrano fare capriole. Sembra quasi che stiano festeggiando, come fanciulle luminose e delicate ad una festa di nozze.
O mamma, si avvicinano. Altro che lucciole; questa luce è intesa, forte. Aiuto! Potrebbe accecarmi… Ma no, no, non mi acceca. Mi illumina, sì, ma non mi acceca. Che altra stranezza di questa notte stramba…
Oh Eterno! Che roba è? Lucciole con un volto? Luce radiosa che scalda e non mi rende cieco? Cosa siete voi? Vi supplico, rispondete, perché a me la notte fa già paura, ma ora voi mi state terrorizzando!!!
«Non avere paura, piccolo vermiciattolo di Giacobbe; non temere, piccolo resto di Israele» (Is 41, 14).
“Guarda, voce gentile, non chiamarmi così! Io non faccio più parte del mio popolo. Sono considerato ladro, quindi, è come se fossi senza popolo”.
«E tu ti preoccupi di ciò che gli altri pensano e dicono di te?».
“Perché? Non dovrei? Come vivo in mezzo alla gente, se non mi adeguo?”.
«Fino ad oggi non potevi, ma a partire da oggi, puoi farlo liberamente!».
“E perché mai? Cosa accade oggi che cambia le leggi del mondo?”.
«Oggi è nato per te il Salvatore (Lc 2,11), Dio-Uomo. Il Figlio di Dio si è fatto uomo. Da oggi ogni uomo e donna diventa degno di stima e di amore (Is 43, 4). Non importa chi sia, da dove venga, chi ami, quali strade abbia percorso o cosa abbia fatto nella vita: oggi tutta l’umanità è colmata della santità di Dio».
“Anche io?”.
«Soprattutto tu! Soprattutto coloro che sono stati rigettati ed esclusi dagli uomini, perché invece sono stati scelti da Dio: Lui ha scelto ciò che nel mondo è debole, per confondere i forti, ciò che è stolto, per confondere i sapienti, ciò che è ignobile per confondere i nobili (1Cor 1, 26-31). Oggi tutto cambia, tutto è stravolto. Non vedi in quanti siamo venuti qui… proprio per te?».
“Tutti voi siete qui per me? Solo per me?”.
«Certo, vermiciattolo di Giacobbe, perché tu - da solo - oggi vali quanto le intere schiere del cielo».
“Ma io non valgo niente. Servo solo a portare i soldi a casa. Anche mia mamma ha smesso di abbracciarmi ed il volto di mio padre a malapena lo ricordo. Ho smesso troppo presto di essere figlio; non sono nessuno; non sono per nessuno”.
«Da oggi non più, piccola Radice di Jesse, da oggi non più! Dio, il Padre, ha mandato il suo Figlio nel mondo (Gv 3, 17). Lo ha fatto uomo, uomo perché – ogni uomo e donna – divenisse figlio suo. Da oggi e per ogni giorno della tua vita, tu sei di nuovo figlio, ma questa volta di Dio!».
“E pensi che io possa chiamarlo padre-abbà?”.
«Dovrai chiamarlo proprio così! Potrai dimenticarti di chiamarlo Signore, Adonai, Elhoim, ma non dovrai mai dimenticarti di chiamarlo Padre (Mt, 69; Lc 11, 2), perché lui ha scritto il tuo nome sul palmo della sua mano (Is 49,16). La tua orfanezza è finita!».
“Dio… mio padre… mio abbà… paparino mio… non avrei mai potuto immaginarlo… proprio io... Perdonami, luce splendente, come posso chiamarti?”.
«Non ora, non ancora, non ti dirò per adesso il mio nome. Tu, piuttosto, come ti chiami?».
“Mi chiavo Efraim”.
«E hai cambiato nome?».
“No, no. Magari! Cioè, un nome non ce l’ho più. Non sono potuto andare al censimento, quindi non mi sono registrato e allora non sono più nessuno. Se non esisti per lo stato non esisti per nessuno. Non potrò sposarmi e non potrò dare un nome ai miei figli”.
«Sei proprio testardo Efraim. Ti ho detto che da oggi sei figlio di Dio, quindi hai un nome nuovo. Tu sei Sua parte di eredità (cf Es 34, 9; Dt 9,29) ed il tuo nome è “amato”, nessuno mai potrà più dirti dimenticato o abbandonato (cf Is 62, 4-5). A partire da questa notte nessuna persona dovrà attendere di vedersi riconosciuto da altri, e neppure da uno stato, la sua identità, le sue specificità o persino il suo nome. Tu sei, sei per Dio, e sei così come sei! E questo varrà per sempre! Non attendere più che qualcuno ti conceda di essere, non aspettare che una istituzione ti dia il permesso di vivere come sei. Vivi e sii te stesso, sempre e comunque: questo è il dono di questa notte!”.
“Posso continuare a chiamarmi Efraim allora?”.
«Puoi chiamarti come vuoi. E potrai persino non chiamarti se il nome, per te, diventa un’etichetta. Sono state strappate, distrutte, cancellate, bruciate! Sei, quindi, vali! Non permettere più a nessuno di stamparti addosso un’etichetta secondo il suo gusto, perché tu sei di più, molto di più, sempre di più!».
“Perdonami, bella luce che mi scaldi, ma questo potrà valere anche per i miei fratelli e sorelle?”.
«Molto di più Efraim: questo oggi vale per tutti! Ogni uomo ed ogni donna oggi diventa figlio e figlia di Dio e, quindi, sono tutti tuoi fratelli e sorelle. Non esiste più né giudeo né greco, né schiavo né libero, ma tutti sono nel Signore (Gal 3, 22-29). Gli steccati, le scale sociali, gli sbarramenti umani… oggi tutto si infrange dinanzi alla piena e perfetta uguaglianza di tutti gli uomini e tutte le donne in Dio! Anzi, a partire da oggi, chi vorrà contare qualcosa, dovrà farsi servo, e chi vorrà essere primo, dovrà farsi schiavo di tutti (Mc 10, 35-45). Se finora il mondo era di quelli che prendevano e rapivano per se stessi, d’ora in avanti il mondo dovrà essere di quelli che danno e non trattengono; donano e non rapiscono. Perché il Figlio di Dio – che è disceso sulla terra – non ha considerato la sua uguaglianza con Dio un bene solo per se stesso, ma si è spogliato e l’ha data a voi» (Fil 2, 6-11).
“Quindi da oggi finiscono le ingiustizie, le sopraffazioni e le guerre?”.
«Eh, questo – mio caro Efraim – questo dipenderà da voi e da voi soltanto. Starà a voi scegliere, se vivere da liberi o tornare a farvi schiavi. La gioia di questa notte vi è data, donata, ma la libertà di viverla o rifiutarla è solo vostra!».
“Libertà? E chi mai è stato libero? E come si fa a vivere da liberi? Basta fare quello che mi passa per la testa?”.
«Piccolo ed amabile uomo, sei sempre stato libero, ma non l’hai saputo. Vivere da liberi vuol dire vivere veramente e pienamente da uomini e donne, come ve lo insegnerà meglio il Bambino che troverete nella mangiatoia. Far di testa propria vale se è per dono, ma se vivere di testa propria vuol dire schiacciare, umiliare, offendere, allora quella è la più temibile delle schiavitù. La libertà sta nella tua responsabilità, sta nella tua scelta di vivere e di come vivere. Dimmi pastorello perché sei qui, su questi monti?».
“Per lavorare”.
«E perché lo fai?».
“Per dar da mangiare a mia madre e ai miei fratelli”.
«Visto? Lo fai per gli altri. Per questo eri già libero!».
“Ed io che pensavo di essere schiavo del padrone…”.
«Mai più! Sei libero se fai della tua vita un dono, come ha fatto il Figlio di Dio che stanotte è disceso nell’umanità e si chiamerà Gesù. Sei libero, perché il suo Cuore è il tuo cuore, il suo Volto è il tuo volto; sei libero perché le sue Mani sono le tue mani, che operano per il bene. Ricorda, piccolo uomo: nessuno potrà metterti catene, se non sarai tu a consentirglielo. Se accetterai le etichette degli altri, se penserai di valere quanto vogliono gli altri, se vivrai come gli altri desiderano che tu faccia, se amerai chi gli altri si aspettano da te, se vivrai solo per te stesso, ah, allora sì ti sarai fatto incatenare… ! Altrimenti sei e resterai libero, perché Gesù, l’Emmanuele, il Dio-con noi, oggi ti ha fatto libero!».
“Non immaginavo di valere tanto… Grazie… Grazie… ehm… ma dimmi, non l’hai fatto ancora: come ti chiami? Ti prego, dimmelo, perché non so come rivolgermi a te”.
«Ora, sì, posso dirtelo. Angelo, mi chiamo Angelo, perché ti porto questo annunzio che è per tutti: oggi è nato per voi il Salvatore ed è Cristo Gesù!».
dom Tonino +
Qui sotto il video integrale della Celebrazione.
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