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III settimana d'Avvento. Ecco lo sposo, andategli incontro! (Mt 25,6) Avvento: il tempo della Chiesa

Venerdì 29 novembre 2019,  il tempo d'Avvento proposto dall'Ordine Monastico Ecumenico Christiana Fraternitas prosegue con la sua III tappa.

Ogni venerdì d'avvento l'Abate dom Antonio Perrella terrà la predicazione sulla preghiera del Padre nostro.Questa settimana in oggetto la prima richiesta "Sia santificato il tuo nome". 

La Celebrazione Ecumenica della Parola è arricchita dal lucernario tratto dalle Constitutiones Apostolorum e dal canto delle Antifone Maggiori (comunemente dette: Antifone "O").





Testo integrale della III meditazione sul Padre nostro del nostro

Rev. mo Padre Abate dom Antonio Perrella


«Sia santificato il tuo Nome»

Cari Fratelli e Sorelle,

la prima richiesta del Padre nostro non è di semplicissima comprensione, perché è formulata con un linguaggio estremamente lontano dal nostro; eppure è decisiva perché è come l’architrave che sostiene tutto ciò che viene dopo. Secondo Carlo Maria Martini, anzi, tutte le richieste successive sono soltanto conseguenze della prima: sia santificato il tuo nome.


Proviamo un passo per volta ad entrare nel significato e – possiamo dire – nel mistero di questa frase: sforziamoci di comprenderne le due parti (sia santificato / il tuo Nome) per poterne, solo alla fine, comprenderne l’insieme.


Come primo passo, allora, dobbiamo soffermarci sull’espressione “sia santificato”. Si tratta – è evidente – di un passivo, ovvero di un passivo teologico. Attraverso questo espediente letterario, nella Scrittura, si lascia sottinteso che è Dio stesso a compiere l’azione. Quindi, la richiesta in italiano suonerebbe così: “Signore, sii tu stesso a rendere santo il tuo nome!”. Da questa traduzione, che ci fa comprendere il significato letterario che doveva avere la richiesta al tempo di Gesù, già intravvediamo come sia difficile per noi comprenderla senza fare lo sforzo di immedesimarci nella cultura e nella sensibilità di Gesù e del suo popolo. Noi avremmo preferito l’utilizzo del verbo “glorificare”: dare gloria, manifestare la potenza, rivelare l’onnipotenza. Ed è interessante notare che il verbo glorificare risuona svariate volte sulla bocca di Gesù, che evidentemente aveva confidenza anche con questo verbo. Prendiamo il vangelo secondo Giovanni, proprio nel lungo discorso del Signore, durante l’ultima cena, e precisamente nella sua cosiddetta preghiera sacerdotale: «Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1); «Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare» (v. 4); «E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse»(v. 5); «Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro» (v. 10); «E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola» (v. 22); «Padre, voglio che quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo» (v. 24).

In un testo ed in un momento tanto decisivi e solenni Gesù usa il verbo “glorificare”. Come mai allora, in rapporto al nome di Dio, nella sua preghiera usa invece il verbo “santificare”? Perché ha voluto usare proprio quello, dal momento che aveva a disposizione altri verbi, che pure conosceva ed utilizzava? Cosa ha questo verbo di specifico da indurre Gesù ad inserirlo nell’unica preghiera che egli stesso ha insegnato?

La santificazione del nome di Dio ci riporta immediatamente con la memoria al libro del profeta Ezechiele: «Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell'uomo, la casa d'Israele, quando abitava la sua terra, la rese impura con la sua condotta e le sue azioni. Come l'impurità delle mestruazioni è stata la loro condotta davanti a me. Perciò ho riversato su di loro la mia ira per il sangue che avevano sparso nel paese e per gli idoli con i quali l'avevano contaminato.  Li ho dispersi fra le nazioni e sono stati dispersi in altri territori: li ho giudicati secondo la loro condotta e le loro azioni.  Giunsero fra le nazioni dove erano stati spinti e profanarono il mio nome santo, perché di loro si diceva: «Costoro sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese». Ma io ho avuto riguardo del mio nome santo, che la casa d'Israele aveva profanato fra le nazioni presso le quali era giunta. Perciò annuncia alla casa d'Israele: Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, casa d'Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete profanato fra le nazioni presso le quali siete giunti.  Santificherò il mio nome grande, profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore - oracolo del Signore Dio -, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli,  vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio» (Ez 36, 16-28).

Si tratta di un testo di grande intensità! Dio appare, allo stesso tempo, adirato e ferito: il popolo, il suo popolo, ha profanato il suo nome in mezzo ad altri popoli e lo ha fatto prostrandosi agli idoli e spargendo il sangue. Qui dobbiamo fermarci un attimo altrimenti non comprenderemo mai il testo: la maggior parte dei commentatori sottolinea che Dio è adirato per la infedeltà della idolatria, ma il testo non dice solo questo. Dio rimprovera con uguale veemenza il suo popolo per lo spargimento del sangue. Gerusalemme stessa viene definita città impura e sanguinaria (cf Ez22,1-16). Il nome di Dio è stato profanato, quindi, dal suo popolo, in mezzo ad altri popoli, perché Israele ha adorato altri dei, ma anche perché ha permesso che il fratello levasse la mano contro il proprio fratello e chi doveva essere guida del popolo, invece, si è avventato contro di esso, uccidendo ed abusando del proprio potere.

Il popolo, l’eletto, colui che doveva mostrare agli altri popoli lo splendore di Dio e la gioia di essere da lui amati, aveva invece calpestato la santità di quel Nome. Ora, dunque, sarà Dio stesso ad intervenire e santificherà di nuovo ciò che è stato profanato. Ma come farà Dio a ristabilire la santità del suo Nome, a riparare l’onta fatta al suo Nome? Ucciderà chi lo ha profanato? Castigherà ancora di più il suo popolo colpevole? Niente affatto! Lo ricondurrà alla terra promessa, lì dove aveva stabilito la sua alleanza d’amore; ricondurrà il suo popolo amato alla pienezza della gioia che aveva perduto, perché lì – ricordando i giorni dell’amore – il suo cuore tornerà a Dio. Ed in più il Signore toglierà dal petto degli israeliti il cuore indurito e gli darà un cuore di carne. È davvero sorprendente! Dio santifica il suo Nome ristabilendo l’uomo nella pienezza dell’amore, nella condizione di essere amato e facendolo tornare veramente uomo, con un cuore fatto di carne.

Solo così possiamo capire perché Gesù ha preferito tra tutti il verbo “santificare”. Perché era esattamente quello che lui stesso era venuto a fare: ricondurre l’uomo all’amore di Dio, cioè far di nuovo sperimentare all’uomo la totalità gratuita dell’amore di Dio e, facendogli ritrovare Dio, fargli riscoprire la propria umanità.


Il tuo Nome. Nella tradizione ebraica, il Nome non è a mala pena il modo con cui una persona viene appellata e riconosciuta. Il Nome è la persona stessa. Il nome indica la persona, la natura essenziale che costituisce qualcuno e lo rende ciò che è, lo rende chi è. Questo è il motivo per cui Mosè, prima di accogliere la chiamata di Dio, gli chiede a nome di chi deve presentarsi: «Mosè disse a Dio: Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: qual è il suo nome?»; «E io che cosa risponderò loro? Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono! Poi disse: “Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi”» (Es 3,13-14; cf Gen 32,30).

Il Nome, quindi, è Dio stesso che manifesta la sua potenza, la sua natura divina. E, tuttavia, questo Nome e questa potenza sono salvifici e liberatori per gli uomini. Sembra, quindi, che Dio non voglia farsi nominare se non in un legame di amore e di salvezza per l’uomo. Dio rivela se stesso come innamorato dell’umanità; il suo Nome è amore per l’uomo, salvezza per l’uomo, vita per l’uomo e dell’uomo.


Alla luce di tutto ciò possiamo finalmente provare a comprendere cosa probabilmente volesse dire Gesù con l’espressione: “sia santificato il tuo nome”. Si tratta di un inno e di una invocazione di giubilo, di esultanza. Potremmo parafrasarla con questa preghiera:

Dio manifesta in modo sempre nuovo come il tuo Nome è Padre ed è Santo, perché tu altro non fai che riversare nel cuore dell’uomo il tuo amore gratuito; e riveli la santità del tuo Nome cercando l’uomo, ovunque egli si sia disperso, per ricondurlo al tuo abbraccio di Padre; e manifesti che sei Santo proprio perché perdoni, e cerchi, e riconduci e riabbracci e fai rivivere… Lo fai e lo rifai e lo rifarai sempre, finché l’uomo finalmente non avrà imparato ad essere veramente uomo. Amen.



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