Giovedì 23 gennaio 2020, presso la Cappella della Casa d'Amministrazione, si è tenuta una Celebrazione della Parola in occasione del III Anniversario di Fondazione della Comunità Monastica Ecumenica Christiana Fraternitas.
La Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola è stata officiata del Reverendissimo Padre Abate dom Antonio Perrella. Al termine della Celebrazione si è cantato il Te Deum come lode di ringraziamento.
L'omelia del nostro Reverendissimo Padre Abate dom Antonio Perrella
Letture di riferimento: Geremia 31,1-4.8-8-11.31-34 /Salmo Resposoriale Sal 89/ Romani 11,1-2.13-15.25-33.36/ Giovanni 5, 1-11
Cari fratelli e sorelle, amici ed amiche,
con la grazia e l’aiuto del Signore, siamo giunti a celebrare questo terzo anniversario! Cosa vuol dire celebrare questi momenti della vita? Perché mai dobbiamo radunarci in un momento commemorativo di un tempo che passa? Siamo qui a celebrare noi stessi, la nostra presunta bravura, i successi ed i traguardi raggiunti?Se così fosse, torniamo immediatamente a casa!
Celebriamo questa tappa del cammino, perché riconosciamo – nel tempo che passa e negli eventi che si susseguono – la fedeltà dell’amore di Dio.
Sì, l’amore di Dio è fedele! La Parola di Dio di questa Celebrazione ci ha riproposto tre medaglioni – dell’Antico e del Nuovo Testamento – proprio su come la fiducia nella fedeltà di Dio e del suo amore è il fondamento solido della storia e del cammino del popolo di Israele, del popolo dei discepoli di Gesù e, quindi, di ogni cammino personale e comunitario di fede.
La prima lettura è tratta dal libro del profeta Geremia. Sei secoli prima di Gesù, sorge questo giovane profeta ed è colui che – più di tutti – descrive il rapporto tra Dio ed il suo popolo in termini di alleanza, cioè di amore nuziale. Geremia è il profeta che per primo parla della nuova alleanza. Qual è, tuttavia, la novità di questa alleanza? I partners sono gli stessi: Dio ed il suo popolo; le condizioni sono le stesse: una legge da rispettare ed una benedizione da ricevere. La novità è il modo ed il luogo in cui è scritta questa alleanza: non più su tavole di pietra ma nel cuore di carne! La legge di Dio, cioè, non dovrà più essere un insieme di norme che gravano sulle spalle del suo popolo, ma un’esigenza del cuore, che nasce dall’interno dell’uomo stesso. Per far questo Dio stesso si legherà in modo nuovo, Lui sarà il garante della fedeltà all’alleanza e lo farà con la fedeltà del suo amore. Le parole che il profeta usa sono suggestive: la vecchia alleanza fu violata dai padri, sebbene Dio fosse il loro Signore; la nuova alleanza sarà eterna perché sarà il riflesso di Dio che ha amato di amore eterno il suo popolo. Non sarà un’alleanza di obbedienza e di servitù, ma un’alleanza di amore e di mutuo accoglimento: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. In quel mio e loro non c’è il dominio del possesso, ma la gioia di un dono e di un riconoscimento reciproco. Quel mio e loro sembra significare non “tu appartieni a me” ma “io appartengo a te”.
Alla luce di questo testo possiamo meglio comprendere l’alto onore che l’apostolo Paolo riconosce alle promesse e all’alleanza antiche, nonostante la venuta di Gesù. Poiché Dio ha scelto di legarsi al suo popolo e di appartenere ad esso, così come il popolo appartiene a Lui, le sue parole, le sue promesse ed i suoi doni sono irrevocabili. Anche se storicamente il popolo ha rifiutato il Signore, non riconoscendo il Messia ed il Salvatore, ciò nonostante esso rimane il popolo amato fedelmente dal Signore. Il Signore ha giurato e non si pente! (Sal 110). La sua promessa di amore e di fedeltà è per sempre! Quante volte abbiamo sperimentato la gioia di questa fedeltà: noi abbiamo sbagliato o peccato, noi ci siamo allontanati da Lui, ma Egli mai si è allontanato da noi. Per quanto profonda e terribile possa essere la debolezza dell’uomo, per quanto egli possa perdersi nella valle più oscura, per quanto egli possa ricacciarsi o essere schiacciato nel fondo più melmoso del rifiuto umano, nonostante tutto questo, le promesse ed i doni di Dio sono irrevocabili! Ti ho amato di amore eterno!
Paolo è così persuaso di questa promessa irrevocabile da arrivare a dire che solo quando Israele avrà riconosciuto Gesù, solo allora il Regno potrà venire. Il che vale a dire che Dio non lascia indietro nessuno, ma proprio nessuno. Ci attende, ci sprona, ci solleva, ci guarisce, ci prende in braccio e ci conduce nel cammino. Sa fermarsi Lui nel cammino della storia e del compimento della sua volontà, perché nessuno si scoraggi dal camminare insieme e dietro di Lui.
E se la sua Parola, la sua Promessa non bastasse all’uomo per esserne convinto, ecco che quella Parola e Promessa di amore si è fatta Carne: Gesù, Uomo Dio, Parola vivente, incarnata, scesa nella storia dell’umanità. Il brano delle nozze di Cana ci ricorda proprio quella che potremmo definire la fattualità della Parola, la concretezza carnale di Dio e della sua Promessa. Tutto lì appare estremamente umano e divino al tempo stesso: una festa nozze, un matrimonio, una delle esperienze più normali e ripetitive nella storia degli uomini; degli invitati, tra cui una madre ed un figlio, che cede all’insistenza della madre; un momento di festa che rischia di finire in vergogna ed, invece, continua a svolgersi nella gioia, con un elogio al vino buono, senza che la maggior parte dei presenti si accorga di nulla.
Giovanni colloca cronologicamente il segno del vino nella settimana inaugurale della missione di Gesù. È un chiaro richiamo alla settimana iniziale del mondo, ovvero a quella della creazione. Il riferimento agli sposi anche in qualche modo richiama la situazione della coppia iniziale. Gli elementi materiali vengono ricreati: dall’acqua al vino. Qui, però, la creazione è nuova, perché Dio non sta al di fuori e al di sopra di essa, magari scendendovi di tanto in tanto per una bella passeggiata con la sua creatura. Dio si è fatto parte di essa! Il Creatore è diventato creatura, perciò – da quel momento in poi – la Promessa dell’eternità dell’amore fedele di Dio non scenderà sul capo dell’umanità, per entrare nelle sue orecchie; quella Promessa ormai scorrerà nelle sue vene, sarà impressa nel suo DNA. La Promessa si è fatta Uomo, perché l’uomo stesso diventi la Promessa!
Ecco perché ogni uomo ed ogni donna è gloria di Dio, è destinatario di un amore sino ad allora sconosciuto ed inedito; ecco perché nessuna esperienza umana è esclusa dalla grazia vivificante dell’amore di Dio; ecco perché nessuno mai potrà più essere reietto o abbandonato o allontanato.
Questa incarnazione della Promessa continua nella vita di tutti coloro che l’accolgono, così come dice l’evangelista nel prologo: essi che non da sangue né da carne, ma da Dio stesso sono stati generati (Gv 1,13).
Miei cari fratelli e sorelle, amici ed amiche, il monaco, la monaca sono coloro che hanno sperimentato la gioia permanente, il vino nuovo, di questa Promessa e vogliono farsi voce, profezia, visibilità della Promessa. Nella loro vita, nella nostra vita, noi abbiamo solo questa pretesa: mostrare a chiunque cosa voglia dire essere amati.
Sì, noi questo ci sentiamo: uomini e donne amati, uomini e donne che hanno sperimentato che le promesse di Dio su di loro sono irrevocabili, che la sua chiamata ed il suo amore sono per sempre. Uno è Monaco o Monaca non perché è migliore, anzi! Benedetto ce lo ricorda nella Regola: il monaco è in cammino, vive in permanente stato di conversione. Uno è Monaco/a perché si è sentito amato, si è scoperto destinatario di una Promessa e di un Bene, che non meritava, eppure gli è stato elargito con sovrabbondanza; ha compreso che su di lui, sulla sua vita, è stata pronunciata dall’eternità e per l’eternità una parola di benedizione incancellabile.
Benedetto sii tu, o Padre di ogni misericordia,
che volgi costantemente il tuo sguardo su di noi e su tutti;
ognuno guardi con occhio di predilezione e di amore;
su ciascuno pronunci la tua promessa di amore irrevocabile.
Benedetto sii tu, Figlio amato del Padre,
che ti rivesti della nostra carne,
perché ogni uomo e donna sappia di essere davvero figlio amato,
perché chiunque rinasca nella grazia inebriante del tuo amore
e se ne faccia a sua volta strumento.
Benedetto sii tu, Spirito che dai vita,
e ci riempi della tua forza, perché ogni vita sia apprezzata ed amata,
ogni tuo dono sia riconosciuto ed ogni tua opera,
in chiunque, sia accolta e valorizzata.
Amen.
I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili, per questo "Noi ti lodiamo o Dio"!
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