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Domenica "in palmis" alla Christiana Fraternitas

"Se taceranno loro, lo grideranno le pietre"(Lc 19, 40). "Le pietre ce lo stanno gridando a squarciagola! Se non le ascoltiamo, non ci saranno più palme ed olivi che potremo agitare per vivere giornate come questa". Così ha concluso l'omelia l'Abate dom Tonino per la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola per la vigilia della domenica delle palme.


Anche alla Christiana Fraternitas, presso Abbey House, si è dato inizio alla Settimana Santa con la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola e la commemorazione della Cena del Signore moderata dal nostro Abate Antonio. Non è mancato il segno dei rami d'olivo con la processione.



Qui sotto il testo integrale dell'omelia del nostro

Reverendissimo Padre Abate dom Antonio Perrella

in occasione della Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola

per la vigilia della Domenica delle Palme


Testi di riferimento Lc 19, 29-40


Cari Fratelli e Sorelle,

con la celebrazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme iniziamo questa settimana, centro e culmine della nostra fede cristiana, in cui facciamo memoria dei giorni decisivi della vita di Gesù, ma anche degli eventi definitivi della sua rivelazione e del suo dono d’amore.

Celebrare questi giorni è per noi la chiave di accesso per comprendere il vero senso di tutto l’Evangelo e della vita nuova che il Signore è venuto a portare sulla terra. Non celebriamo di nuovo la domenica della Palme, ma celebriamo una domenica delle Palme nuova: celebriamo per comprendere, comprendiamo per vivere!

In questa settimana, momento dopo momento, passo dopo passo, saremo accompagnati per mano e ci sarà mostrata la vita vera, ciò per cui vale la pena davvero vivere, come vale la pena vivere per non sprecare il dono della vita!

Per questo motivo ho pensato di lasciarmi provocare dalle Scritture, partendo – sì – dai dati esegetici, ma sviluppando una tematica urgente per la vita di tutti noi: la tematica ecologica, in una prospettiva completa ed integrata. La Parola di vita di Gesù ci aiuterà a riappropriarci della ecologia ambientale – come vedremo oggi – all’ecologia sociale, come pure di quella che definiremo la ecologia religiosa, per giungere – nella veglia pasquale – ad una possibile comprensione del progetto di vita veramente umana, il nuovo umanesimo di Gesù, vero Dio e vero Uomo!


Il brano dell’Evangelo, che abbiamo ascoltato, ci ha introdotti nel mistero e nel dono di questi giorni. Si tratta di un ingresso trionfale di Gesù nella Città Santa. È evidente che il suo ingresso ed il modo con cui Egli entra a Gerusalemme parlano – a chiunque lo abbia visto ed a noi che lo abbiamo ascoltato – della identità di Gesù.

Egli decide di entrare a Gerusalemme su un puledro d’asino, un asinello. Agli occhi dei presenti deve essere stato un pugno nello stomaco! Loro stendono i mantelli, segno di sottomissione al re; gridano: Osanna al figlio di Davide, titolo riservato al messia re. E Gesù che fa? Cavalca un asinello, anziché un cavallo! È chiaro che Gesù parla un linguaggio e chi lo accoglie o lo accompagna ne parla uno completamente diverso. I farisei si ribellano a quell’accoglienza regale e messianica e intimano a Gesù di far tacere la folla. E Gesù si opporrà con una frase, che rimanda al profeta Abacuc (2,11): se taceranno loro, grideranno le pietre. Ormai siamo dinanzi ad una verità che non può più essere taciuta, non può più rimanere nascosta. Questa verità è che Gesù è realmente il Messia ed il Signore!

Ma quale Messia? Quale Signore? Quello che stanno cantando le persone che lo accompagnano, quello che forse entusiasticamente anche i suoi discepoli più stretti desiderano che Gesù sia? O piuttosto un altro? Questa è la domanda fondamentale: Gesù, tu chi sei? Rivelaci il tuo volto, il tuo nome, ovvero il senso della tua stessa identità; perché solo comprendendo questa, noi potremo comprendere noi stessi, potremmo accedere alla vita…

È chiaro che qui – in questo brano, come in tutti gli eventi che ne seguiranno – è in gioco la piena rivelazione della identità di Gesù. La prova sta nel v. 39. La folla acclama: Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli. C’è un richiamo all’inno degli angeli nella prima notte del neonato Gesù: gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini della sua benevolenza (2,14). Inizio e fine della vita di Gesù racchiuse da questa inclusione. Sappiamo che nel mondo semitico la inclusione indica il tutto. Attraverso, cioè, questa frase Luca ci sta dicendo che, comprendendo ciò che avviene qui, avremo accesso al mistero della vita di Gesù dal suo inizio alla sua fine; potremo capire Lui chi è veramente.

Per disvelarci questo mistero definitivo e decisivo, Luca, decide di metterci dinanzi ad un contrasto tra ciò che dicono gli uomini e ciò che dice la natura.

Quella frase di Abacuc citata da Gesù – se taceranno loro, grideranno le pietre – suona quasi come un monito: quando l’umanità tace la verità, questa viene gridata dalla natura. Sì, la natura, il cosmo, il creato, il mondo subumano qui diventa l’unico a proclamare la verità su Gesù. E cosa dice la natura di Gesù?

Cosa ci dici di Gesù, umile asinello, che non puoi parlare eppure proclami ad alta voce con la tua sola presenza? Cosa ci ricordi che né i discepoli né la folla e, forse, neppure noi vogliamo comprendere?

«Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra» (Zc 9,9-10).

Ecco cosa ci ricordi, povera ed amabile bestiolina, che più di tutti sei diventata, forse inconsapevolmente, profeta ed aralda della verità più vera e profonda: Gesù è il Signore ed è il Messia, ma lo è non come un potente di questo mondo, ma come principe della pace (Is 9, 5), come colui che è venuto a riconciliare l’uomo con Dio (cf 2Cor 5, 18-19), perché finalmente l’uomo possa riconciliarsi anche con gli altri uomini e con il creato. Del resto, così avevamo visto Gesù all’inizio di questa quaresima, nel brano delle tentazioni: viveva nel deserto con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano (cf Mc 1, 12). Un uomo, immerso nel creato, ed in perfetta armonia con il mondo terreno e con quello celeste.


In questo brano di Luca è la natura, troppo indifesa e fragile perché venga ascoltata, la sola a dirci la verità di Gesù e, quindi, di noi stessi.

La frase di Gesù – se taceranno loro, allora grideranno le pietre – è esattamente ciò che noi stiamo vivendo in questo tempo!

Abbiamo taciuto noi e stanno gridando, solo in Italia ad oggi, il 13% delle specie vegetali a rischio di estinzione, il 18% di quelle animali ed il 40% di habitat naturali in situazione compromessa (dati ISPRA, Rapporto 2013-2018).

Abbiamo taciuto noi, che avremmo dovuto essere i custodi del creato, e stanno gridando i mari contro i 150 milioni di tonnellate di plastica riversate nelle acque marine, mettendo a rischio la sopravvivenza della flora e della fauna marine. Grida a squarciagola il Mediterraneo, mare nostro, che pur contenendo appena l’1% delle acque marine globali è invaso dal 7% della microplastica che infesta il mare di tutta la terra.

Abbiamo taciuto ancora troppo noi e gridano ancora di più le pietre delle lapidi sepolcrali dei morti di tumori, proprio nella nostra provincia, a causa dell’inquinamento ambientale. E noi ancora discettiamo di tutela contemporanea del lavoro e della salute e non abbiamo il coraggio di dire le cose come stanno: salute e lavoro a Taranto non si potranno tutelare insieme fino a quando non saranno chiuse – senza se e senza ma – le fonti inquinanti industriali. Va chiusa l’area a caldo di un impianto troppo obsoleto perché la chimera della ambientalizzazione possa passare dall’essere una bella fiaba raccontata ad una realtà fattibile.

Abbiamo taciuto noi ma lo stanno gridando i ghiacciai che si rimpiccioliscono ed i deserti che si estendono sempre di più; e non è vero – come qualcuno va dicendo – che abbiamo tempo fino al 2050 per invertire la rotta circa le emissioni di Co2 che causano il surriscaldamento globale. Il tempo limite è il 2030, quindi domani… anzi oggi!!!

Lo abbiamo visto durante il tempo del lockdown: gli animali che tornavano a popolare le nostre strade, i delfini che si riavvicinavano alle nostre coste, la natura che tornava a fiorire. Quanto più l’uomo ritirava la sua presenza invasiva e distruttiva, tanto più avanzava la forza della vita e della rinascita.

Forse non è un caso se qualcuno – un po’ drasticamente, ma non senza fondamento – ha detto che l’uomo è per il pianeta ciò che il CoVid è per l’uomo. Sì, siamo diventati un virus infettivo e distruttivo per il nostro stesso habitat: più lo popoliamo disarmoniosamente e più lo deturpiamo fino a distruggerlo dal di dentro.


Ma allora perché abbiamo taciuto? Chi ci ha messi a tacere? Perché abbiamo smesso di essere profeti della vita e siamo diventati banditori di morte e distruzione?

Ci siamo fatti zittire dalla smania del profitto a cui sottomettere ogni cosa; ci siamo lasciati imbavagliare da uno stile di vita comodo, per cui prendiamo l’auto per fare 100 metri; nelle nostre case tutto è fatto di plastica ed acciaio; l’hi-tech è diventato “bene” indispensabile. Siamo diventati così disconnessi dalla natura da aver perso la normale capacità di adattamento climatico: non facciamo a tempo a spegnere i termosifoni che subito accendiamo i condizionatori. E se il repentino cambio delle temperature avviene e se sono scomparse le stagioni intermedie, la responsabilità è proprio di questo nostro stile di vita. Pensiamo di difenderci dal caldo e dal freddo improvvisi ed invece li stiamo causando noi, proprio con questi stili di vita. E quel che è peggio è che facciamo finta di non saperlo, di non accorgercene. Siamo come il cane che si morde la coda: giriamo e rigiriamo, rimanendo fermi allo stesso punto, limitandoci al massimo a qualche convegno o conferenza.

Chi ancora ci ha messi a tacere? Ci ha messi a tacere il PIL: che è diventato la nuova divinità assoluta, il nuovo Zeus del Pantheon di una economia distruttiva. Le vertenze aziendali oggi non si affrontano più sulla base del tema della vita dei lavoratori, dei cittadini, dell’ambiente, ma sulla percentuale delle perdite economiche, sulla diminuzione della quotazione in borsa. La vita è barattata per il valore di mercato, svenduta al maggior guadagno. Lo spread fa più notizia dell’esistenza umana.

Ci siamo fatti tappare la bocca dalla rinuncia educativa: famiglie, scuola, comunità non parlano più di questi temi. Il politicamente corretto la fa da padrone. Taranto ne è un esempio eclatante: chi propina lo slogan che è possibile tenere assieme i diritti del lavoro e della salute, non lo fa perché è convinto o perché crede che sia realmente possibile. Lo fa per non perdere consensi, per non perdere audience. Per questo merita tutto il nostro sostegno l’atto con cui il Sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha ordinato la chiusura dell’area a caldo dell’ex Ilva; ordinanza che ha retto contro il ricorso dell’azienda dinanzi al TAR e che mi auguro resista anche dinanzi al Consiglio di Stato. Non è più tempo, non abbiamo più il tempo di essere politicamente corretti; occorre avere il coraggio di diventare ecologicamente corretti!

Bene ha scritto, nel suo messaggio per la Giornata di preghiera per la cura del creato, il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I: Per quanto tempo ancora la natura sopporterà le discussioni e le consultazioni infruttuose e ogni ulteriore ritardo nell'assunzione di azioni decisive per la sua tutela? […] La posta in gioco non è più la qualità, ma la conservazione della vita sul nostro pianeta. Stiamo assistendo alla distruzione dell'ambiente naturale, della biodiversità, della flora e della fauna, all'inquinamento delle risorse acquatiche e dell'atmosfera, al progressivo collasso dell’equilibrio climatico».


Cari amici ed amiche, questa domenica delle palme non ci insegna solo a riscoprire in modo nuovo chi è Gesù, ma ci rende consapevoli anche della capacità profetica della natura, del creato. Essa canta le lodi di Dio: «I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia. Non è linguaggio e non sono parole, di cui non si oda il suono. Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola» (Sal 18,2-5). Sono le parole del salmo che abbiamo cantato.

È la voce del firmamento, il canto del giorno e della notte a proclamarci la verità. Solo ascoltando il grido della natura, possiamo riscoprire il senso di tutto!

Ecco cosa ci grida la natura! Ciò che gli uomini tacciono, lo gridano le pietre: la scomparsa di biodiversità… che frase elegante… e forse anestetizzante. Scomparsa della biodiversità vuol dire questo: l’uomo sta uccidendo centinaia di specie animali e vegetali.

L’ISPRA, nella introduzione al suo Rapporto 2013-2018, afferma: lo stesso sviluppo della pandemia in molti confronti di carattere scientifico è stato correlato ad una forte pressione antropica sull’ecosistema.

Il che vuol dire che se il CoVid è capace di diffondersi e mietere così tante vittime, se è stato capace di paralizzare il mondo intero (ed ancora lo paralizzerà non sappiamo per quanto) la responsabilità è della nostra distrazione al grido delle pietre!


L’ecologia ambientale, sorelle e fratelli cari, è molto di più che un interesse di pochi; è molto di più di processi mescolati a voglie di visibilità; è molto di più di ambientalismi mirati a progetti di carriera politica; è molto di più che un problema troppo grande perché possa riguardare la gente comune. L’ecologia ambientale è diventata un imperativo categorico, perché uccidendo l’ambiente stiamo un po’ per volta uccidendo noi stessi.

Le pietre ce lo stanno gridando a squarciagola! Se non le ascoltiamo, non ci saranno più palme ed olivi che potremo agitare per vivere giornate come questa.

Ecco cosa ha voluto dirci Gesù con quel puledro d’asina e con quel riferimento alle pietre che gridano. Ma noi, dal momento che abbiamo deciso di tacere, quando inizieremo perlomeno ad ascoltarle veramente?

dom Tonino +




Qui sotto il video integrale della preghiera


PAX

UT UNUM SINT

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