"Solo quando l’umanità intera riconoscerà se stessa come un’unica famiglia, solo allora la dignità dei singoli verrà realmente salvaguardata". L'intervento del Reverendissimo Abate dom Antonio Perrella in occasione del LXI anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Su invito degli Enti organizzatori, "Zonta Club" e "Proloco Pulsano", dom Tonino ha avuto l'onore e il piacere di intervenire, come relatore, all'Auditorium Giovanni Paolo II dell'Istituto Alberghiero "Mediterraneo" in Pulsano Taranto.
L'incontro era destinato principalmente agli alunni ed alunne come anche al corpo docente dell'Istituto.
Ha aperto l'incontro la Dirigente Scolastica, Bianca Maria Buccoliero, facendo gli onori di casa. La parola è passata subito dopo al Presidente della Proloco di Pulsano, Filippo Stellato, il quale, dopo aver sottolineato l'importanza di celebrare e ricordare la giornata in cui si ricorda il traguardo della Dichiarazione universale, ha introdotto i relatori dom Antonio e l'Avvocata Antonella De Marco già Assessora per la Cultura e il Turismo al Comune di Manduria - Ta. La De Marco, intervenuta dopo l'Abate ha fatto un excursus storico sulle questioni che hanno portato gli Stati alla stesura del testo della Dichiarazione Universale aiutando i ragazzi e le ragazze ad entrare nelle questioni in maniera fattuale.
Testo integrale dell'intervento dell'Abate Antonio Perrella
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Riflessione sul valore della dignità umana e
limite dei concetti di "individuo/diritto individuale
1. Vorrei iniziare questo mio intervento esprimendo anzitutto il mio plauso agli organizzatori di questa giornata di memoria e di riflessione, che considero particolarmente importante ed urgente per il periodo nel quale viviamo. Per questo ringrazio la Dirigente Scolastica del Mediterraneo Bianca Maria Buccoliero, la Presidente dello Zonta Club Evelyn Zappimbulso, il Presidente della Proloco Pulsano Filippo Stellato e l’Assessora per la Cultura e il Turismo presso il Comune di Manduria, Avv. Antonella De Marco con cui condivido l’esperienza di relazionare per voi.
Vorrei quindi esprimere la mia gratitudine per aver pensato alla mia persona per questo intervento. Sono, infatti, il pastore di una piccola Comunità cristiana, che – sebbene appartenente alla grande famiglia della cristianità – è in un certo senso una minoranza. Nella mia comunità la persona è accolta indipendentemente dal colore della sua pelle, dallo stato morale della sua vita e dal suo orientamento sessuale. Noi non discriminiamo le persone se sono sposate o meno, se lo sono per la seconda volta, se amano una persona dello stesso sesso o di un altro sesso. Il positivo antropologico tratto nell’esperienza religiosa che viviamo ci ha convito che le persone sono persone e per questo amate da Dio e degne dell’amore di chiunque. Questa nostra posizione dottrinale e morale, ovviamente, ci pone in una situazione di minoranza rispetto ad altre tradizioni cristiane, più numerose. Per cui so, sappiamo sulla nostra pelle, quanto importante sia ribadire il valore e la dignità della persona umana, il rispetto per questa indipendentemente da tutto.
2. Vi dico subito che articolerò il mio intervento in tre brevi tappe:
a) l’attualità della questione dei diritti umani;
b) il valore positivo del riconoscimento dei diritti, presenti nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo;
c) il limite filosofico e antropologico del concetto di “individuo” rispetto a quello di “persona”.
a) Addentriamoci ora nel primo punto. Quando fu firmata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l’umanità era reduce dalla seconda guerra mondiale, che aveva mostrato la ferocia a cui può giungere l’uomo, quando non riconosce l’inviolabile dignità dell’altro. 60 milioni di morti e lo sterminio di massa degli ebrei avevano mostrato a tutti che solo il comune riconoscimento della dignità di ogni persona poteva essere l’argine culturale ed etico alla sopraffazione della violenza.
Oggi, per molte ragioni, dobbiamo affermare che quello che ritenevamo patrimonio acquisito, in realtà, è ben lungi dall’essere vissuto in tutto l’orbe terracqueo. Non solo nei paesi a basso livello di cultura e di sviluppo, ma anche nei Paesi del cosiddetto Occidente civilizzato permangono ancora sacche, più o meno nascoste, più o meno visibili, di violazione dei diritti delle persone.
Vorrei leggervi il testo di una parte del preambolo della Dichiarazione Universale e vi accorgerete da soli della urgente e scottante attualità di quelle parole.
La Dichiarazione inizia così:
«Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;
Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione».
È sotto gli occhi di tutti che l’umanità ancora non ha maturato la coscienza di essere una sola famiglia e che gli Stati ed i popoli sono legati gli uni agli altri. Basti pensare alla questione ambientale. Si fatica a raggiungere accordi univoci per tutti. Alcuni Stati non vogliono accogliere le decisioni comuni per non perdere gran parte dei propri profitti e della propria egemonia energetica.
È sotto gli occhi di tutti che le differenze religiose, culturali e sessuali (genere e orientamento) continuano ed essere causa di discriminazione e di sofferenza.
È sotto gli occhi di tutti che intere popolazioni e sempre più ampie porzioni di popolazioni sono schiacciate dalla povertà e dal bisogno.
È sotto gli occhi di tutti che esistono Nazioni in cui esercitare la libertà di parola e di fede può essere addirittura causa di morte.
Viviamo un tempo in cui il concetto dei “diritti dell’uomo” è affermato, ma ancora ben lontano dall’essere vissuto, sia a livello di legislazioni sia a livello di cultura diffusa e di stili vissuti. Basti pensare all’omofobia diffusa, all’affossamento della legge Zan ed alle recenti violente uccisioni di donne che si rifiutavano di portare il velo nei paesi a regime teocratico di stampo islamista. I martiri delle libertà continuano ancor oggi a versare il loro sangue.
B) Quando nel 1948 le Nazioni unite – nonostante il rifiuto di alcuni Stati – firmarono la Dichiarazione Universale dei diritti umani, si giungeva ad un approdo culturale iniziato con la rivoluzione francese e con i principi di uguaglianza, libertà e fraternità.
Si trattava di un momento assolutamente rivoluzionario per la storia e la cultura dell’umanità, perché si affermava con chiarezza che la dignità della persona umana sta al di sopra di tutto, persino della sovranità degli Stati. Questo principio filosofico e giuridico non era affatto scontato. Chi tra voi è appassionato di storia ricorderà che al processo di Norimberga, celebrato due anni prima della Dichiarazione, alcuni degli imputati si difendevano affermando di aver semplicemente eseguito gli ordini e un ordine militare è legge. Nella loro follia, erano convinti di aver agito secondo la legge, secondo il diritto. Alla base di questa affermazione sta l’idea che la legge di uno Stato, la sovranità di uno Stato sta, appunto, al di sopra della persona. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo invece sancirà definitivamente che neppure la sovranità statale può violare la dignità della persona e che essa è un bene infungibile, indisponibile a chiunque.
La Dichiarazione, di cui celebriamo l’anniversario il 10 di dicembre di ogni anno, ha affermato, come diritti per tutti, settori della vita, delle libertà e dei beni che prima erano un lusso per pochi: libertà di pensiero e di parola, libertà di culto, istruzione, salute, partecipazione alla vita sociale e democratica, uguaglianza dinanzi alla legge, diritto al lavoro ed al riposo. Essa aveva una visione antropologica, una visione dell’uomo completa. Questa visione, tuttavia, trovava la sua forza di convincimento e giuridica nel fatto che la persona è parte della famiglia umana.
Questo concetto a me sembra davvero fondamentale, sebbene non sufficientemente valorizzato. La dignità della persona risiede nella persona e non nel riconoscimento altrui. Tuttavia, la persona umana è membro di una società, che è appunto la famiglia umana. Solo quando l’umanità intera riconoscerà se stessa come un’unica famiglia, solo allora la dignità dei singoli verrà realmente salvaguardata.
C) Giungiamo così alla mia terza ed ultima considerazione, che è un po’ critica nei confronti del linguaggio scelto per la Dichiarazione. L’inglese everyone viene tradotto, nelle diverse lingue, come individuo. Solo la traduzione spagnola traduce talvolta con persona. Dal punto di vista filosofico (ma anche esistenziale) questa scelta linguistica non è senza conseguenza ecco perché bisogna attenzionarla.
Mi spiego: esiste una profonda differenza tra l’individuo e la persona. Individuo, nella sua etimologia, significa indivisibile. “Individuo”, cioè, indica la persona nella sua realtà unitaria. Tuttavia, nel tempo, questa parola ha iniziato a indicare il singolo separato dagli altri. L’individuo è un po’ un’isola staccato dall’arcipelago degli altri individui. Capite bene il limite che si intravede, infatti in questa comprensione, il diritto di uno non è affermato insieme a quello dell’altro, ma piuttosto contro quello dell’altro. È quello che noi chiamiamo individualismo, cioè la pretesa di affermare e costruire se stessi indipendentemente dall’altro e persino contro l’altro. È esattamente ciò che sta avvenendo in Ucraina. La Russia ritiene di avere un diritto e lo vuole affermare, dimenticando che – se alcune terre e regioni in passato sono state sue – oramai esse appartengono ad un’altra realtà nazionale. La Russia pretende di affermare il proprio diritto individuale sopra e contro il diritto ucraino. Se l’affermazione dei diritti viene compiuta in termini di individui, c’è sempre il rischio dello scontro tra diritti e tra individui che rivendicheranno ciascuno ciò che credono essere i propri diritti.
Se al posto della parola individuo, si mette invece la parola persona, allora le cose non possono che essere diverse.
Persona, etimologicamente, indica la persona nel suo essere sempre in relazione con gli altri. La persona sono io e l’eco che io ho in te, in voi, in noi. In questo modo non può esistere un diritto che io rivendico contro di te, ma al massimo insieme a te.
Vuol dire riscoprire che ogni diritto richiama un dovere. Ho il diritto di rivendicare la mia libertà di parola, se – al contempo – rivendico quel diritto anche per te che la pensi differentemente da me. In questa prospettiva mio diritto non sarà mai davanti a te o contro di te, ma sarà mio perché a contempo sarà il nostro. Riscoprire le libertà ed i diritti delle persone, anziché degli individui, vuol dire riscoprire che la mia libertà finisce dove inizia la tua e che io non ho alcun diritto di violarla, perché violare te equivale a violare me, giacché tu ed io facciamo parte dell’unica famiglia umana.
Carissimi, mentre vi ringrazio per l’attenzione che mi avete riservato, auguro a voi e a me di riscoprire la gioia di appartenere all’unica famiglia umana ed auguro a me e a voi di sentirci sempre legati nella difesa attiva dei diritti gli uni degli altri. Grazie.
dom Antonio Perrella
Pulsano-Ta 12 dicembre 2022
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