Omelia del Padre Abate in occasione della Celebrazione Capitolare Ecumenica in Resurrectione Domini nella veglia per l'annuncio della Pasqua di Sabato Santo 11 aprile AD 2020 ai tempi del CoVid-19.
Omelia del nostro Padre Abate dom Antonio Perrella
sul Vangelo Mc 16, 1-7 in occasione della Pasqua del Signore 2020
Chi ci rotolerà via la pietra dal sepolcro?
Cari Fratelli e Sorelle,
Il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato è la finale originaria del vangelo secondo Marco. Sappiamo, infatti, che i successivi racconti delle apparizioni del risorto alla Maddalena ed ai discepoli sono stati aggiunti in seguito. Marco aveva concluso il suo vangelo con il timore, la fuga ed il silenzio delle donne, perché il lettore fosse posto dinanzi ad una scelta personale: cosa farò io? Come le donne starò zitto e terrò per me l’annuncio della risurrezione o mi arrischierò a proclamarlo?
Perché le donne tacciono? Non era, in fondo, il compimento di ciò che avevano udito dal Maestro: Il Figlio dell’uomo dovrà soffrire, morire e risuscitare il terzo giorno (cf Lc 9,22)? Il loro timore nasce dallo spirito con cui esse si accostano al sepolcro e l’evangelista ce lo descrive con particolari ben precisi. Marco scrive che le donne uscirono per recarsi al sepolcro: Molto presto, il primo giorno della settimana (16,2): hanno atteso – con il primo albeggiare – che il sabato, giorno sacro e quindi di riposo, fosse certamente finito. Non avevano compreso in pienezza l’insegnamento del Maestro. Comprarono oli aromatici per andare a ungerlo (16,1):non ricordano le parole del Signore, che aveva preannunciato la sua risurrezione al terzo giorno. Sono convinte di trovarlo morto.
Il loro cuore, i loro occhi, la loro vita sono annebbiati dalla morte. L’unica loro domanda è: chi ci rotolerà via la pietra dal sepolcro?(16,3). La morte del Signore e Maestro per loro è l’ultima parola!
Noi questa sera, diciamolo subito, ci siamo raccolti per gridare, con il giovane vestito di bianco: Non abbiate paura! Voi cercate Gesù, il Nazareno, che è stato crocifisso. È risorto! Non è qui! (16,6).
Gesù è risorto! Ma lo sentiamo così vero, ancor oggi? In fondo, mentre il mondo intero è ancora avvolto dalla coltre della morte di questa pandemia, che sta decimando vittime su vittime, in fondo anche noi, come le donne, siamo tentati di credere che l’ultima parola sia quella della morte e ci domandiamo: Chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro?
Puoi essere davvero risorto, Signore, mentre i tuoi fratelli continuano a soffrire e a morire? Puoi davvero pretendere che noi cantiamo l’alleluja della tua risurrezione, mentre migliaia e migliaia di uomini, donne, anziani, bambini, continuano a soffrire?
La pietra del sepolcro di Gesù è stata rotolata via! Questo annuncio interpella da duemila anni il mondo e noi, se siamo adunati qui, è perché speriamo e diamo il nostro assenso di fede quale imprescindibile verità! Ma la pietra del nostro sepolcro, del sepolcro dell’esistenza umana chi la sposterà?
Chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro di questa pandemia, come di tutte le malattie, frutto dell’insensatezza dell’esperienza umana? Resta la pietra del sepolcro dei tumori, causati dall’inquinamento che tutti contribuiamo a creare ed alimentare. Resta la pietra del sepolcro di morte per la sofferenza di quanti non possono essere curati perché gli stati spendono più per gli armamenti che per la ricerca. Resta la pietra del sepolcro di quanti non possono accedere a cure troppe costose, che sono tornate ad essere un lusso anziché un diritto.
Chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro dell’ignoranza, perché ad intere popolazioni è sottratto il diritto di usare le proprie risorse, perché i popoli occidentali li tengono schiavi economicamente? Quale pietra è stata realmente ribaltata, se ancora oggi il 20% dell’umanità detiene l’80% della ricchezza, mentre la stragrande maggioranza della popolazione vive sotto la soglia della povertà?
Chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro della nostra libertà, se le comunità religiose rimangono tutt’ora luoghi di esercizio di potere e di dominio della coscienza delle persone? Da quale morte siamo stati realmente liberati, se coloro che dovrebbero parlare in nome di Dio in realtà pronunciano ancor oggi parole di condanna, di esclusione, che sono parole di violenza e di morte? Quale vita è risorta se, a causa di costoro, ancor oggi le persone hanno paura di Dio, non osano alzare il proprio sguardo verso di lui, pensano di non essere degne di Dio, di non meritare il suo amore?
Chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro della pace, se ci portiamo dentro rancori che non si estinguono, se spendiamo energie mentali per escogitare il modo migliore per opporci gli uni agli altri? Quale morte sarebbe stata vinta, se ancora viviamo in un mondo che toglie il saluto, un mondo in cui si tenta di fare terra bruciata attorno a chi non la pensa come noi? Da quale sepolcro l’umanità sarebbe davvero uscita, se ancor oggi all’interno di una stessa nazione diverse etnie fanno guerre fratricide, se tra differenti regioni esistono squilibri abnormi tra tenori di vita e di sviluppo?
Chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro della dignità umana, se ancor oggi le persone vengono discriminate per il colore della loro pelle, per la cultura o la nazione di origine, per motivi razziali e di orientamento sessuale? Quale risurrezione è veramente avvenuta se teniamo ancora discriminate persone, quindi, legate alla morte sociale, religiosa, civile, perché non possono gioire appieno di essere come sono, di essere chi sono?
Sì, il Signore, lui sì, è risorto; ma non è ancora risorta l’umanità!
E – questa notte vogliamo poterlo dire – se non è ancora risorto l’uomo, per il quale Gesù è salito sulla croce, allora alla fine non è risorto del tutto neppure Gesù, perché egli non è senza l’uomo! Come l’uomo, lo vediamo, non è senza di lui!
Noi, questa sera, non siamo diversi da quelle donne che si accostano al sepolcro – che dovrebbe essere il luogo del trionfo della vita – trovandoci dentro ancora la morte, molte formi di morte.
Forse siamo venuti al sepolcro troppo presto? Forse l’alba di quel giorno nuovo non è ancora giunta? Perché attorno a noi la notte è ancora troppo buia ed il fetido odore della morte è ancora pungente. Questa pandemia, che ancora ci tiene schiavi, che ancora fa risuonare ogni sera un bollettino di guerra, con migliaia di feriti e centinaia di caduti, ci spinge ancora di più a gridare: Svegliati, Signore! Non ti importa che moriamo?(cf Mc 4,38).
Marco, tuttavia, ci mette dinanzi quel giovinetto; e non si tratta di un angelo. È lo stesso che aveva collocato nel giardino del Getsemani e da lì era fuggito (cf Mc 14,51). Qui, invece, questo stesso giovane, che prima pareva timoroso, adesso ha il coraggio di rimanere ad annunciare la risurrezione, che è altrettanto rischiosa quanto la morte. Se, infatti, stare con Gesù nell’ora della croce comportava il rischio di fare la sua stessa fine, stare con lui nella risurrezione e farsene annunciatori comporta il rischio, non minore, di essere banditi come visionari, di essere allontanati come esclusi, di essere esiliati come rivoluzionari.
Quel non è qui!(16,6), del giovane, ci indica infatti dove trovare il Risorto e quale strada seguire per far risorgere la vita di tutti.
Le donne si recano al sepolcro all’alba, attendendo di non infrangere la legge. Non è qui! Sì, la vita non è in un ossequio schiavizzante di ciò che viene spacciato per legge di Dio, se questa toglie all’uomo la sua libertà, la gioia della sua esistenza. La risurrezione della fede avviene quando all’uomo viene lasciata la possibilità di trovare in Dio la libertà del suo essere, quando egli può finalmente sentire che ha diritto di alzare verso di lui lo sguardo e sentirsi amato. La fede in Cristo è fede che dà vita!
Esse si recano al sepolcro, portando olii aromatici. Vorrebbero compiere atti di pietà umana fine a se stessa, che poi nessuna concreta utilità aveva. Questa apparente filantropia è sterile e morta! L’amore umano risorge quando io non ti curo solo le ferite di un momento, ma ristabilisco la dignità della tua esistenza. Quante elemosine assomigliano più ad un lavaggio di coscienza di chi le compie, piuttosto che ad atti di carità e di vera giustizia. L’amore vero risorge quando io, come il buon samaritano, ti carico sulle mie spalle, curo le tue ferite e ti do la possibilità di tornare a camminare con le tue gambe. Fin quando il ricco tiene il povero legato a sé, l’amore non risorge! Perché il ricco si laverà la coscienza con una pietosa elemosina ed il povero rimarrà sempre nel bisogno. Per questo il ricco deve ringraziare Dio, quando incontra un povero, perché egli è la profezia della giustizia di Dio che abbasserà i superbi ed innalzerà gli umili. La risurrezione di Gesù sarà piena solo quando chi è nell’abbondanza imparerà a privarsi ed a condividere, perché non vi sia più alcuno nella indigenza.
Le donne al sepolcro sono preoccupate della loro debolezza e della loro incapacità di spostare la pietra, troppo pesante. Hanno dimenticato la potenza di Dio, che avevano visto manifestarsi in Gesù? Sono troppo ripiegate su stesse, per poter sperare! Così è morto il cuore dell’uomo quando cede alla disperazione, al timore paralizzante che nulla potrà mai cambiare. Siamo morti, quando pensiamo che il cambiamento del mondo è cosa troppo grande perché possa essere compiuta da noi, ma poi alla fine corriamo il rischio che questo sia soltanto un alibi per non provarci, per non comprometterci in prima persona. Le donne si accorgono che la pietra era già stata rotolata solo quando alzano lo sguardo (16,4). Anche l’umanità potrà risorgere quando avrà il coraggio di sollevare lo sguardo, cioè di pensare a se stessa con la stessa grandezza di Dio; quando sarà capace di tornare a credere che può fare più e meglio di così, che non è ancora troppo tardi!
Dopo aver avuto l’annuncio, le donne fuggono, impaurite e tacciono (16,8). Sono e restano morte, come l’umanità quando tace dinanzi alle ingiustizie e alle disuguaglianze. L’umanità risorge quando sa, ognuno in prima persona, prendersi cura della gestione della vita sociale e politica, senza delegare ad altri. Sì, perché il cristiano non è un alieno; egli è l’eco di quell’annuncio di vita che deve risuonare nel mondo concreto! Vi è risurrezione quando ognuno di noi si riconosce interpellato in prima persona a farsi voce critica dinanzi alle storture dei sistemi burocratici che sovrastano le persone e le loro vite.
Questa notte, la fede nella risurrezione di Cristo ci unisce e ci ha radunati – nonostante il buio di questo tempo che sembra avvolgerci e, talvolta, soffocarci – e per la stessa fede abbiamo il coraggio di proclamare davanti a tutti la nostra unica speranza: Cristo è risorto! E nella sua risurrezione c’è la possibilità di ogni resurrezione dell’umanità e di ogni cosa! Il Signore Gesù, ancor oggi, è la risposta più forte ed efficace ai mali e alla morte dell’uomo; lui – lui solo – ha parole di vita, di vita eterna; lui solo può trasformare e vivificare ciascuno, e tutti, e la storia, ed il mondo! Sì, noi risorgiamo con lui se non ci arrendiamo a nostra volta; se noi che – senza merito e per pura Grazia siamo salvati ed abbiamo avuto il dono della fede – non ci vergogniamo di essa ed abbiamo il coraggio di andare, come il Signore, controcorrente – se necessario -, nella opportunità e nella inopportunità (cf 2Tm 4, 2) nelle “Galilee” dei nostri giorni rischiando anche la vita per il suo annuncio di vita: Gesù Cristo è risorto dai morti! Amen! Alleluja! Alleluja!
dom Tonino+
Comments