top of page

I Anniversario di Fondazione: Voti privati dei Fondatori e Insediamento del Decano

Il 23 gennaio 2017 i Fondatori dell'Ordine allora ancora Associazione emisero i Voti Privati secondo la propria Comunità di appartenenza all'interno della Christiana Fraternitas.


Eravamo quattro amici al bar.... ops... no! Non proprio! Però - sì! - eravamo e siamo amici che adesso sono diventati ancor di più: fratelli!


Ma andiamo con ordine. Nel 2017 abbiamo voluto dare forma visibile ad un fuoco che ci ardeva dentro da tempo e che ci aveva già condotto a condividere riflessioni ed esperienze. Gesù aveva pregato nel Cenacolo perché i suoi fossero uno; e questo non era avvenuto! Papa Francesco, durante un'Udienza ad un movimento cattolico, aveva detto che, quando uno domanda se può o meno pregare con un fratello di un'altra Chiesa cristiana, la risposta unica è: "Tu non solo puoi, ma DEVI!".

E così, in ragione della piena libertà di associazione, garantita dalla legge Italiana e dalle norme canoniche delle Chiese (poiché in esse i battezzati sono attori attivi e non spettatori passivi), abbiamo creato un'Associazione. Sempre con quella libertà propria dei figli di Dio abbiamo preso alcuni Impegni personali (che poi, con il riconoscimento ecclesiastico, sono diventati Voti).

La nostra Associazione, composta da Laici Battezzati, con l'aiuto di Pastori di alcune Chiese, che ci hanno sempre consigliati, si era data una struttura che richiamava il monachesimo. Le motivazioni storiche e teologiche di questa scelta l'abbiamo abbondantemente spiegata nella sezione "Chi siamo" di questo sito.


E così, durante una Celebrazione della Parola, che non richiede un Ministro di Culto per essere celebrata e vissuta, alla presenza di tantissime persone e di rappresentanti e Pastori di Chiese Cristiane, abbiamo avuto il coraggio di dire la nostra: come battezzati, come membri delle nostre Chiese, senza lasciarle, ma anzi amandole ancora di più, vogliamo offrire tutto noi stessi per la causa dell'Unità. Vogliamo essere un seme, piantato nelle nostre Comunità, perchè l'ecumenismo nasca dal basso.

Non tutti siamo teologi, siamo a diversi livelli e momenti dei nostri personali cammini di fede, e per questo ci amiamo e camminiamo insieme: siamo tutti in cammino e tutti in ricerca! Nessuno di noi presume di insegnare, convertire ed evangelizzare gli altri, ma solo se stessi... ed in questo eravamo Benedettini sul serio... basta leggere la Regola per accorgersene. Il cammino di vita monastica non è per i perfetti, o per coloro che si credono tali, ma per coloro che si sentono in permanente stato di conversione.


A qualcuno non siamo piaciuti, qualcuno ha detto di prendere le distanze... Pazienza! Ci pare che neppure Gesù piacesse poi molto... Eppure con quel piccolo gruppo, persino mal congegnato, di uomini spesso testardi, Egli è riuscito a cambiare il mondo. Noi, che ugualmente siamo mal congegnati e spesso testardi, presumiamo di poter cambiare solo noi stessi... e chissà... forse qualcuno, guardandoci, potrà pensare: magari vale la pena seguire Gesù e costruire l'unità!



In foto l'allora Decano fr. Antonio Perrella nell'abbraccio di pace con una delle sorelle di Comunità dopo la Professione Religiosa.

Il 23 gennaio 2017 presso Villa Pantaleo in Taranto si è tenuta la Celebrazione Ecumenica della Parola per la Professione Religiosa dei Fondatori e l'Insediamento del Decano della Christiana Fraternitas




La riflessione del Decano

Cari Fratelli e Sorelle, Cari Amici ed Amiche, abbiamo iniziato questo nostro incontro di preghiera, accogliendo la Parola. Ed è da essa, inizio e fondamento di tutto che io voglio e sento il bisogno di partire in questo mio intervento. I brani del Nuovo Testamento che abbiamo appena ascoltato costituiscono – per così dire – la nostra carta d’identità.

1. La centralità della Parola nella vita di fede Nella prima lettera ai Corinti, l’apostolo Paolo ha esortato i cristiani a ritrovare le ragioni dell’unità nell’essenziale della Fede. Li sprona a pensare, cioè, cosa in ultima analisi, al di là del pensiero di ciascuno, i credenti in Gesù siano chiamati a fare, per dirsi realmente cristiani: annunciare la Salvezza operata da Cristo con la sua morte e la sua risurrezione. In questo annuncio è racchiusa tutta la logica della proposta cristiana come principio assoluto della Fede di tutti i credenti in Cristo. Cosa può dire, ancor oggi, questo annuncio all’uomo? C’è ancora spazio perché questa notizia possa essere accolta in termini ragionevoli, alla luce della modernità e del progresso? C’è certamente spazio, ma l’universo cristiano – ci sia consentito dirlo – deve operare una conversione nel modo di intendere Dio e quindi di comunicarlo.

Lo Spirito Santo, nel corso dei secoli, ha spinto la Chiesa a comprendere che si può conoscere e dopo amare Dio, approdando innanzitutto alla sua Parola, strumento privilegiato e condiviso da tutti i cristiani per incontrare il Signore. La Fede dei cristiani può essere integralmente trasmessa solo se è vissuta alla luce della Parola, letta con verità e libertà! Non è detto, però, che la purezza di questa trasmissione debba trovare immediatamente successo nel contesto sociale in cui viviamo. In esso infatti riscontriamo con sconcerto una tendenza al fenomeno del laicismo, che paradossalmente diviene una sorta di religione alla quale ci si asserve ad occhi chiusi, mortificando invece il valore alto e positivo della laicità, così come inteso nella nostra bella e sempre attuale Carta Costituzionale. Si rispetta la laicità quando non si impone la soppressione delle identità. In essa, invece, ogni identità ha pari diritto di espressione purché questa non sia contro Legge. La laicità è lo spazio condiviso da tutte le identità. Solo la sinfonia armonica delle identità, nel reciproco rispetto, nella mutua conoscenza e stima e nella proficua collaborazione in favore dell’identico servizio all’uomo e alla sua vita, è la via che il cristianesimo e tutte le spiritualità possono percorrere!

Paolo definisce l’Opera della Salvezza e la sua comunicazione al mondo, con una citazione: “distruggerò la sapienza dei sapienti e squalificherò l’intelligenza degli intelligenti” (1Cor 1, 19). La conoscenza della Fede oltrepassa la natura del “precisamente verificabile” per farci entrare nel “misteriosamente vero”, di fronte al quale l’uomo sempre rimane in qualche modo spiazzato ma pur sempre edificato. La Parola di Dio è fondamentale almeno per due ragioni: in primo luogo, perché solo attraverso i fatti tramandati dalla Tradizione della Scrittura conosciamo il modo di agire di Dio. La conoscenza seria del modo con cui Dio, ha sempre agito verso l’uomo, insegna ai credenti come agire verso gli uomini, verso il proprio contemporaneo, poiché è in esso che Dio, tramite l’Incarnazione del Verbo, ha posto la sua dimora in modo permanente: in verità, vi dico: “tutte le volte che avete fatto ciò a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo avete fatto a me”(Mt 25, 40). In secondo luogo, la Parola è fondamentale per rispondere alla preghiera, al desiderio e al comando del Signore, perché i cristiani siano uno. Al di là delle differenze, che hanno segnato la storia delle chiese cristiane, è nella Parola dell’Antico e del Nuovo Testamento che esse si riconoscono come rami di un unico albero, virgulti scaturiti da un unico e fecondo ceppo.

2. Dalla paternità di Dio alla fraternità tra gli uomini Per ben comprendere il brano dell’Evangelo secondo Giovanni, che abbiamo ascoltato, dobbiamo provare a metterci nel contesto in cui quelle parole vengono pronunciate dal Signore. Egli sa che sta per giungere la sua ora e deve, quindi, scegliere l’essenziale da comunicare ai suoi discepoli e lasciare il testamento più importante. Questo testo ci mostra ciò che stava veramente a cuore a Gesù. Egli dice al Padre: “io ho rivelato loro chi sei, ed essi hanno messo in pratica la tua parola” (Gv 17, 6). Gesù ci ha rivelato chi è Dio e ci ha permesso di chiamarlo Padre, anche se per tradurre correttamente l’aramaico Abbà bisognerebbe usare il vezzeggiativo “paparino mio”. Gesù ha mostrato all’uomo di ogni tempo chi è Dio: l’Artefice dell’Universo che si fa prossimo dell’uomo, fino al punto di sconvolgere il modo di intendere il rapporto con lui. Dallo schema dio-servo, Egli vuole che passiamo allo schema Padre–figlio. Noi pensiamo che sul piano spirituale questo sconvolgimento di schema sia risolto e comunemente accolto e vissuto dalle chiese cristiane. Nessuno si offenda, se io vi confido che a me sembra che in realtà le cose non stiano ancora così e che in molte delle nostre strutture ecclesiastiche, in senso ampio, si sia ancora fermi al rapporto dio-servo.

Ma c’è un altro aspetto che mi sta ancora più a cuore. Sul piano antropologico e culturale cosa può dire il fatto che Gesù abbia sconvolto il modo di pensare a Dio, ovvero non più come a un padrone ma come a un padre? Mostrare la paternità di Dio verso tutti gli uomini implica necessariamente prendere atto della universale fratellanza degli uomini! Questa fraternità non è una realtà da costruire, ma è stata già fatta, già inaugurata dal Dio, che – facendosi uomo – si è fatto fratello di tutti. Certo, occorre che questa fraternità universale si faccia strada nei cuori e nelle menti di tutti, sia singolarmente sia socialmente organizzati. Questa è la vera rivoluzione cristiana! Pensare a se stessi come “fratello” richiama la coscienza a non intendersi come isole autoreferenziali, ma come persone dinamicamente inserite in una famiglia. È un richiamo forte alla responsabilità di tutti affinché la casa ove questa famiglia vive, ovvero la società, il mondo, sia giusto e pacifico. Questa realtà cristiana ha irrorato le radici culturali del nostro popolo, tanto che gli artt. 2 e 3 della Costituzione della Repubblica Italiana ricordano che la società è lo spazio vitale in cui ognuno è soggetto di pari dignità e diritti, tanto nel suo essere individuo tanto nel suo costituirsi sociale. L’affermazione che le differenze sociali, culturali, etniche, religiose e sessuali non possono mai essere causa di discriminazione è un principio inalienabile che tuttavia – possiamo dirlo – deve ancora essere concretamente compreso e realmente attuato. Il nostro impegno di promozione sociale si lascerà sempre ispirare da questo dettato costituzionale che come specchio riflette in modo luminoso la luce dell’Evangelo, che è e rimane “lampada ai nostri passi, luce che illumina il cammino” (Sal 119, 105). Vorrei a questo punto salutare le Autorità Civili – qui presenti – l’Assessore Viggiano e Tilgher per essere avere accettato il nostro invito e partecipare a questa nostra festa. Grazie!

3. Dalla rivelazione della Trinità alla bellezza delle diversità. Necessità dell’unità e del dialogo La preghiera di Gesù prosegue: “Padre santo, conserva uniti a te quelli che mi hai affidati, perché siano una cosa sola come noi” (Gv 17, 11). Con queste parole, Gesù prega per l’unità dei cristiani. Cari Fratelli e Sorelle, noi questa sera siamo adunati nel nome della Trinità beata. Essa si è manifestata alla ragione della mente nell’opera della creazione, perché l’uomo riconoscesse Dio come Padre creatore. Si è poi di nuovo manifestata agli occhi del corpo, perché l’umanità riconoscesse il Figlio redentore. E continua a manifestarsi nella coscienza dell’animo, perché l’uomo riconosca lo Spirito Santo vivificatore e santificatore. Affermiamo la Fede in un solo Dio, ma nella specificità delle attribuzioni delle tre Presone. “Perché siano una cosa sola come noi” (Gv 17, 11). Il Signore non ha pregato perché l’universo dei suoi discepoli fosse uniforme, ma perché rimanessero uniti pur conservando le loro specificità. In Dio le specificità sono una prerogativa inscindibile della sua realtà e – vorrei dire – della sua bellezza e mistero! Ecco perché le specificità del singolo cristiano, ma anche delle diverse Comunità ecclesiali, sono una ricchezza e non un nemico da temere o addirittura da combattere. E questo già varrebbe alla luce della creazione, allorquando Dio ha posto in ogni uomo la sua immagine e somiglianza: “Facciamo l’uomo: sia simile a noi, sia la nostra immagine” (Gen 1,26). È solo nell’accoglienza della diversità che può avvenire l’unità. Solo accogliendoci reciprocamente, nella naturalezza della fratellanza, seppur nella diversità, potremo realizzare l’unità. E questa unità è oggi più che mai un imperativo, per le Chiese e per l’uomo. È inutile girarci attorno: la divisione e la contrapposizione portano solo alla distruzione dell’uomo. Nella vita sociale e politica degli Stati, divisione e contrapposizione portano alla guerra, i cui venti spaventosi ed impetuosi rischiano di abbattersi sul mondo d’oggi. Nel caso dei credenti, poi, l’unità è ancor più imperativa, perché essa è la forma di vita che Gesù aveva voluto per i suoi credenti e perché essa soltanto è l’anticipazione, già ora, di quanto vivremo in pienezza nella gloria del suo Regno. A tal proposito, vorrei salutare con codiale affetto i Pastori delle Chiese cristiane qui presenti: ai fratelli presbiteri della Chiesa Cattolica Marco Gerardo e Cristian Di Silvio ed il fratello presbitero della Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca Antonio Lotti.

4. L’armonica sinfonia delle differenze Il testo della preghiera di Gesù continua con alcune parole davvero importanti. Gesù chiede che i discepoli appartengano al Padre “mediante la verità” (Gv 17, 17). E conclude con una espressione decisiva: “la tua parola è verità!” (Gv 17, 17). Cari Amici, la parola di Dio è verità! Non le parole degli uomini su Dio! Ciò che ognuno può dire di Dio, ciò che le chiese cristiane o le religioni possono dire su Dio è vero solo nella misura in cui riflette la parola di Dio che è l’unica verità! Quante divisioni e quante lotte fratricide la storia ha conosciuto, per la pretesa di ciascuno di possedere la verità tutta intera o persino di essere la verità stessa! La verità di Dio, la verità che è Dio, raggiunge gli uomini ed i popoli in molti modi, non sempre controllabili dall’uomo. Dove sinceramente e con tutto se stesso l’uomo si pone alla ricerca di Dio, allora lì c’è sempre un seme di verità. Dovremmo imparare a vedere le nostre appartenenze alle Fedi come tante fenditoie, attraverso le quali la luce di Dio raggiunge l’uomo e l’uomo può intravvedere Dio. Solo Lui è luce sfolgorante di verità, noi possiamo al massimo cercare vie per giungere a Lui. Per questo la Christiana Fraternitas, che pure nasce dall’esperienza cristiana, guarda con amore e rispetto a tutte le altre Fedi e vuole stringere alleanze, patti di collaborazione e condivisione. A tal proposito, saluto con intima gioia la presenza dell’Imam della Comunità Islamica di Taranto, Hassen Chiha, che di cuore ringrazio non solo per essere qui ma anche per i progetti che abbiamo iniziato a condividere.

5. La Christiana Fraternitas: un luogo per vivere in unità Consentitemi ora di dire un po’ più espressamente cosa è, anzi chi è la Christiana Fraternitas. Permettetemi di offrirvi un’immagine. Chi ha già partecipato a qualche nostra iniziativa già la conosce; vorrei quindi riproporla per chi oggi è in mezzo a noi per la prima volta. La Christiana Fraternitas è come una stazione ferroviaria. La stazione è un posto veramente inclusivo, ma anche dinamico, e per questo sfugge ad ogni possibile fraintendimento circa la sua natura non ecclesiale-istituzionale, giacché questa si pone, in genere, come statica. Nella stazione ognuno può essere ciò che sente in quel momento della sua vita: puoi essere il curioso, il passante, il viaggiatore, il capo treno, puoi essere un treno, puoi essere l’addetto all’ufficio informazioni o alla biglietteria, puoi essere la panchina o la pensilina per il rifugio dei barboni. Perché la stazione funzioni efficientemente ha bisogno di cose e persone al fine ultimo di favorire la meta desiderata e collegare il mondo. I viaggiatori di questa esistenza in primo luogo desiderano essenzialmente una meta, che ritengono essere il loro bene. Provando a viaggiare sui nostri treni ti accorgerai che il bene dell’uomo, il bene comune, è anche il desiderio più intimo di Dio! Sui viaggi di questa stazione si scopre quanto la meta dell’uomo sia la meta di Dio. Non è facile né un gioco, perché viaggiare richiede tempo ed energie da spendere. Ma da questo viaggio, che è poi una domanda esistenziale su di sé e sul senso delle cose e della vita, alla fine non si può sfuggire. Non c’è un momento giusto o favorevole per decidere di viaggiare, ma – quando arriva il tempo – non pensi ad altro che a compierlo. La stazione è lì e attende che tu voglia compiere, quando vuoi, per come puoi, il tuo viaggio. Breve o lungo che sia, a noi sta a cuore che tu prima o poi lo possa fare. E se non hai il coraggio di intraprenderlo, passa comunque a fare un giro alla stazione, siediti sulle nostre panchine, scambia una parola con i viaggiatori o con chi, come me, è divenuto un barbone della Fede per le cattiverie e la persecuzione degli uomini religiosi. Alla stazione non interessa quale sia la tua provenienza, se sei uomo o donna, sposato o divorziato, quali siano le tue convinzioni religiose o i tuoi orientamenti sessuali o il colore della tua pelle. La stazione non ti dirà mai: se provieni da lì, non ti faccio partire. A lei interesserà solo che tu voglia partire per raggiungere la tua meta. Non ci interessa quale sia la stazione da cui provieni, ci interessa aiutarti a compiere il tuo viaggio.

Cari Amici, siete venuti ad un incontro di preghiera singolare poiché non proposto da una realtà ecclesiale, religiosa, bensì da un’Associazione. La singolarità di questa Associazione è la coscienza dei membri rispetto alle prerogative comunicate nel Battesimo, ovvero quelle della regalità poiché figli del Re Creatore di ogni cosa; della sacerdotalità poiché possiamo invocare il Padre grazie al sangue della vittima perfetta che si è sacrificata sull’altare del mondo: Cristo Signore; della profezia, poiché il Risorto ci ha promesso lo Spirito Santo quale compagno e sostegno in attesa del suo ritorno. La coscienza di queste prerogative ci ha spinto a fondare la Christiana Fraternitas non come un movimento alternativo alle comunità ecclesiali, ma complementare.

Poco più di un anno fa una fiammella è stata accesa nel cuore di un gruppo di amici. Quella fiammella pian piano ha cominciato a crescere, a riscaldare, ad illuminare desideri ed intenzioni di ciascuno. Così è nata la Christiana Fraternitas. Le abbiamo dato una forma giuridica, costituendola come associazione di cittadini, perché in essa nessuno si senta ospite ma ciascuno a casa propria, con pieno diritto di “cittadinanza” e pari dignità. Sento, quindi, il bisogno di esprimere la mia, la nostra gratitudine per quanto ha fatto per noi al Notaio, il dott. Antonello Mobilio - qui presente - con la moglie, a me tanto cara, la dott.ssa Lucia Isceri. Dottore, la sua professionalità e la sua non comune disponibilità sono stati per noi un segno che i passi di questa iniziativa sono voluti dal cielo! Grazie! Né posso dimenticare la generosa disponibilità del Dottore Commercialista Luciano Latartara. Lei, caro Dottore, ci ha aiutati ad orientarci nel labirinto delle leggi, per far sì che la nostra “piccola creatura” possa inserirsi ed operare al meglio nel vasto mondo associativo. Questa configurazione sociale, però, parla di una realtà che viene ancor prima e cioè il fatto che Cristo ci ha associati a sé e tra noi, attraverso il battesimo, indipendentemente dalla realtà ecclesiale nella quale lo abbiamo ricevuto.

Dal 23 gennaio 2017 abbiamo cominciato a lavorare, con iniziative volte alla nostra personale formazione e soprattutto alla conoscenza delle diverse comunità, in cui nel corso dei secoli ha preso forma il cristianesimo. Abbiamo conosciuto e ascoltato la parola di rappresentanti delle tradizionali chiese cristiane – come quella cattolica, riformata e ortodossa – ma anche di comunità cristiane sconosciute ai più, come la chiesa vetero-cattolica di cui abbiamo accolto e ascoltato una presbitera, Teodora Tosatti, la prima donna prete di quella chiesa in Italia.

Oggi, a distanza di un anno, siamo qui a celebrare questo rito di insediamento per me come Decano e – tra poco – di ingresso dei Fratelli e delle Sorelle nella Comunità dei Discepoli. Potremmo dire che quest’anno passato è stato la nostra gestazione, mentre oggi celebriamo la nascita, la presentazione di questa nuova creatura al mondo. Mi piace il modo in cui la Provvidenza ha voluto ci presentassimo al mondo, mi porta alla memoria queste parole dell’Evangelo: “mentre si trovavano a Betlemme, giunse per Maria il tempo di partorire, ed essa diede alla luce un figlio, il suo primogenito. Lo avvolse in fasce e lo mise a dormire nella mangiatoia di una stalla, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2, 6-7). Anche noi non abbiamo ancora un alloggio, ma grazie alla generosità della Famiglia De Benedetto oggi veniamo a mondo in un magazzino adiacente ad una stalla. Proprio come è venuto al mondo Gesù! Grazie al dott. Gerardo e alla prof.ssa Matilde De Benedetto per averci aperto le porte di Villa Pantaleo! Ci permettete ogni volta di sperimentare il valore alto della gratuita, condividendo con noi e con chi ci segue la vostra splendida dimora. Quella Notte beata fu colmata dal coro degli angeli che cantavano: “Gloria a Dio in cielo e sulla terra pace per quelli che egli ama” (Lc 2,14). Anche noi abbiamo avuto la grazia di un coro angelico: la Sacra Corale Jonica, cui esprimo tutta la nostra immensa gratitudine per aver accolto il nostro invito con tanta generosità. Spero vivamente che questo possa essere l’inizio di un’ancor più proficua collaborazione, perché il canto è forma sublime di preghiera e di elevazione dell’uomo a Dio.

Siamo davanti a tutti voi, amici cari, a presentarci nel nostro desiderio più intimo: offrire il nostro contributo perché il mondo sperimenti la gioia dell’unità e della condivisione, che noi abbiamo potuto sperimentare – a partire dall’amicizia nata dalla comune fede cristiana e che si allarga a tutti i popoli e a tutte le religioni, al fine di valorizzare il positivo che c’è in tutti per la promozione dell’uomo in quanto tale. Siamo, infatti, profondamente convinti che la strada di Dio è l’uomo, destinatario del suo Amore. Sia chiaro non presumiamo di essere esempi di qualcosa o per qualcuno. Seguiamo semplicemente ciò che riteniamo Dio abbia ispirato al nostro cuore e chieda alla nostra vita qui ed ora.

6. Tantum aurora est! Ora invece mi rivolgo a voi, Fratelli e Sorelle cofondatori ed operai in questa “stazione”. La prima cosa che vorrei dirvi è grazie! Grazie per aver condiviso questa ispirazione! Grazie per non esservi sottratti alle prime difficoltà e dolori e per aver condiviso le prime gioie e speranze di questa esperienza, senza minimante distogliere lo sguardo dal compiere ciascuno il proprio servizio e dare il proprio apporto all’edificazione di questo progetto per il quale, giorno dopo giorno, troviamo verifiche essere voluto dall’Alto. La novità, che noi proponiamo e che agli occhi di molti potrebbe risultare bizzarra, non è da temere! Nel Capitolo 3 al versetto 7 dell’Evangelo di Giovanni Gesù rassicura Nicodemo con queste parole: “dovete nascere in modo nuovo. Il vento soffia dove vuole: uno lo sente, ma non può dire da dove viene né dove va. Lo stesso accade con chiunque è nato dallo Spirito”. Ancora un grazie, per aver avuto l’idea ancora più “discutibile” di eleggere uno strumento insufficiente come me, “pietra che i costruttori hanno rifiutato” (Sal 118, 22; Mc 12, 10) per moderare la vita della nostra Fraternità e rappresentarla indegnamente agli occhi del mondo!

Per voi, per noi, oggi inizia un impegno pubblico. Con questa Celebrazione diciamo al mondo che vale la pena seguire Gesù, poiché egli ha messo nell’uomo il valore dell’integrità, della bontà e della vita piena! Con tutte le nostre forze lo vorremmo trasmettere da oggi più che mai a tutto il mondo, al mondo diffidente e precluso, al modo ferito, ferito anche dalla religiosità che nulla ha a che vedere con la Fede e lo Spirito, alle altre culture e alle altre religioni per trovare luoghi comuni ed edificare la società, nel nostro piccolo, per come e quanto possiamo, e dare vita ad un contagioso circolo virtuoso! La veste che indosserete – come ho fatto anch’io pocanzi – racconta innanzitutto a noi questo, e null’altro! Non è un segno distintivo, non ci identifica come un club, come un’élite, come una lobby. Ricordiamo sempre invece che il cristiano non è un alieno, intruso nell’umanità, bensì un uomo come gli altri, figlio dell’unico Padre, fratello di tutti gli uomini, che però ha aderito ad una proposta Alta: l’edificazione del Regno che parte dell’edificazione dell’uomo. L’immagine del cristiano allora è come quella del lievito che non si distingue dalla farina, ma le permette di crescere: “Il regno di Dio è simile a un po’ di lievito che una donna ha preso e ha mescolato in una grande quantità di farina e a un certo punto tutta la pasta è lievitata!”(Mt 1, 33).

Fratelli e Sorelle miei, tantum aurora est! Siamo solo all’alba! Rimbocchiamoci le maniche, andiamo avanti con la gioia di quanto sperimentiamo giorno dopo giorno alla sequela di Gesù e con la speranza nella sua Parola, che è eterna e non passa come quella dell’uomo! Sporchiamoci le mani di opere buone, atte a favorire promozione di un messaggio sensazionale ovvero che la gloria di Dio è l’uomo vivente! (Ireneo di Lione). Amen, alleluja!

Qui sotto il video della Riflessione del Decano


Comments


bottom of page