L'Abate
Dom Antonio Perrella
dalla Regola di Benedetto da Norcia, cap. II
Un abate degno di stare a capo di un monastero
deve sempre avere presenti le esigenze implicite nel suo nome,
mantenendo le proprie azioni al livello di superiorità che esso comporta.
Sappiamo infatti per fede che in monastero egli tiene il posto di Cristo,
poiché viene chiamato con il suo stesso nome,
secondo quanto dice l'Apostolo:
"Avete ricevuto lo Spirito di figli adottivi, che vi fa esclamare: Abba, Padre!" […]
Dunque, quando uno assume il titolo di Abate,
deve imporsi ai propri discepoli con un duplice insegnamento,
mostrando con i fatti più che con le parole tutto quello che è buono e santo:
in altri termini, insegni oralmente i comandamenti del Signore ai discepoli più sensibili e recettivi,
ma li presenti esemplificati nelle sue azioni ai più tardi e grossolani. […]
Quindi l'abate ami tutti allo stesso modo,
seguendo per ciascuno una medesima regola di condotta basata sui rispettivi meriti.
Per quanto riguarda poi la direzione dei monaci,
bisogna che tenga presente la norma dell'apostolo:
"Correggi, esorta, rimprovera"
e precisamente, alternando i rimproveri agli incoraggiamenti,
a seconda dei tempi e delle circostanze,
sappia dimostrare la severità del maestro insieme con la tenerezza del padre. […]
L'abate deve sempre ricordarsi quel che è e come viene chiamato,
nella consapevolezza che sono maggiori le esigenze poste
a colui al quale è stato affidato di più.
Bisogna che prenda chiaramente coscienza di quanto sia difficile e delicato
il compito che si è assunto di dirigere le anime e porsi al servizio dei vari temperamenti,
incoraggiando uno, rimproverando un altro e correggendo un terzo:
perciò si conformi e si adatti a tutti, secondo la rispettiva indole e intelligenza,
in modo che, invece di aver a lamentare perdite nel gregge affidato alle sue cure,
possa rallegrarsi per l'incremento del numero dei buoni.
Soprattutto si guardi dal perdere di vista o sottovalutare
la salvezza delle anime, di cui è responsabile,
per preoccuparsi eccessivamente delle realtà terrene, transitorie e caduche,
ma pensi sempre che si è assunto l'impegno di dirigere delle anime,
di cui un giorno dovrà rendere conto […]
Sappia inoltre che chi si assume l'impegno di dirigere le anime
deve prepararsi a renderne conto
e stia certo che, quanti sono i monaci di cui deve prendersi cura,
tante solo le anime di cui nel giorno del giudizio sarà ritenuto responsabile di fronte a Dio,
naturalmente oltre che della propria.
Così nel continuo timore dell'esame a cui verrà sottoposto il pastore riguardo alle pecore
che gli sono state affidate mentre si preoccupa del rendiconto altrui,
si fa più attento al proprio e corregge i suoi personali difetti,
aiutando gli altri a migliorarsi con le sue ammonizioni.
Biografia
Dom Antonio Perrella nasce a Napoli il 5 novembre 1985 da una famiglia di religione cristiana di confessione cattolica.
Dopo una comune infanzia e giovinezza, conseguito il titolo di Maestro d’Arte, interrompe gli studi per intraprendere attività imprenditoriali ed artistiche in Emilia Romagna.
Titolare di un’edicola di giornali e riviste e poi di un negozio di abbigliamento Antonio scopre il mondo del lavoro a vari livelli dal rapporto con le persone, alla gestione pratica fino all’amministrazione.
Contemporaneamente inaugura mostre di pittura e scultura: nel 2005 “io…l’Uomo” al Museo del Senio di Alfonsine Ra, nel 2006 partecipa ad una quadriennale d’Arte con “l’International Museum” con evento all’Hotel Martini di Olbia, nel 2007 “Voci del quotidiano” con patrocino del Lions Club Ravenna Romagna Padusa al Cinema City di Ravenna, nello stesso 2007 “I Remember” con il patrocinio della BCC Ravennate Imolese presso la Galleria della stessa a Fusignano Ra.
Dopo spiacevoli eventi familiari Perrella decide di interrompere le attività imprenditoriali ed artistiche e per unificare la famiglia si trasferisce a Taranto.
Dall'anno 2010 intraprende studi filosofici e teologici presso le rispettive Facoltà Pontificie a Roma che terminano nell’anno 2015.
Durante gli studi teologici matura la scelta di passare alla Chiesa Anglicana per una condivisione dell'ecclesiologia dell'Anglicanesimo.
Fonda, dopo due anni di esperimento, con altre persone, la Christiana Fraternitas il 23 gennaio 2017 che lo elegge ad unanimità Decano il 3 febbraio 2017. Il 23 gennaio 2018 nella Celebrazione di Preghiera per il I anno dalla Fondazione fa il suo Insediamento e la sua Professione Solenne con la preghiera di tutta la Comunità.
Il 20 luglio 2018 con il Decreto del Vescovo Pierre Whalon della Chiesa Episcopale in Europa della Comunione Anglicana, la Christiana Fraternitas viene costituita Ordine Monastico Ecumenico. Il suo Ordinario ratifica la Professione Solenne e l'elezione a Decano, assegnandogli la dignità abbaziale.Con Lettere Credenziali, su incarico dello stesso Presule, l'Arcidiacona (Vicaria Episcopale per le Comunità italiofone) presenta dom Antonio come Rappresentante della Chiesa Episcopale in Europa alle Autorità Religiose, Civili e Militari del territorio.
L'11 ottobre 2018 riceve pubblicamente la Benedizione Abbaziale secondo la tradizione monastica benedettina per le mani e la preghiera del medesimo Vescovo S. E. R. Mons. Pierre Whalon. L'Abate quindi è religioso (Professo solenne) con Ministero Pastorale. Egli non ha ricevuto alcun Ministero Ordinato (Diaconato, Presbiterato, Episcopato). Con Notifica Vescovile del 12 ottobre 2018, a firma dello stesso Presule, l'Abate Perrella è dichiarato anche Ministro di Culto della Convocazione delle Chiese Episcopali in Europa. In virtù del Ministero Abbaziale egli ha facoltà di provvedere alle necessità spirituali e liturgiche, intimamente connesse alla vita spirituale e liturgica dell'Ordine Monastico, secondo il Libro delle Liturgie e delle Preghiere (Rituale Proprio) della Christiana Fraternitas. L'Abate può, quindi, presiedere le Celebrazioni Liturgiche dell'Ordine, esercitare la funzione di insegnamento e governo, legate al Ministero Abbaziale, accogliere i voti semplici e solenni dei Monaci, conferire la Benedizione Abbaziale e tutti gli altri atti sacramentali (non sacramenti) legati alla vita liturgica e spirituale dell'Ordine, su cui ha legittima giurisdizione.
Con Decreto del 31.07.2019 il nuovo Vescovo della Convocazione delle Chiese Episcopali in Europa, Mark Edington rende libera dalla sua giurisdizione la Christiana Fraternitas che in ragione del medesimo atto si costituisce come una Comunità religiosa sui juris: la sua proposta spirituale e pastorale, di vita ecumenica e umana non è soggetta ad una particolare confessione ma libera espressione del carisma e spiritualità propri.
L'Abate dunque continuerà a svolgere tutte le funzioni ed i compiti che derivano dalla legittima consacrazione avvenuta con la Benedizione Abbaziale e che gli sono conferiti a norma dello Statuto, legittimamente redatto e rogidato secondo le Leggi dello Stato Italiano e delle Costituzioni provate dal Capitolo Generale.
Dom Antonio Perrella è Ordinario della Christiana Fraternitas e di diritto Ministro di Culto della Comunità a norma dell'art. 4 dello Statuto.
È autore di commenti esegetico-spirituali sui Vangeli domenicali, pubblicati on-line. Nel settembre 2018 ha pubblicato il commento al Vangelo di Giovanni; nel gennaio 2020 pubblica il commento al "Padre nostro"; nel giugno 2020 uno studio sulla figura della Madre di Gesù: "Maria di Nazareth. Un Vangelo per tutti"; "Interpellati dal Cielo. Sulla strada con i Magi:paradigma del cammino di ogni persona" edito nel novembre 2021 di cui diamo notizie dettagliate nella sezione "Pubblicazioni" di questo sito.
Il 25 agosto 2020 viene chiamato come Membro costituente del Comitato della Federazione Italiana dei Diritti Umani (FIDU) di Taranto.
Il 16 maggio2023 promulga attraverso una conferenza stampa, patrocinata dal Comune di Taranto e da altri Enti, la lettera Abbaziale "Prædicando Evangelio"circa la posizione teologica pastorale della Christiana Fraternitas sulle questioni inerenti l’orientamento sessuale e l’affermazione di genere in occasione del 17 maggio, giornata per il superamento dell’omotransfobia. Il documento magistrale ha’obiettivo è favorire il superamento dell’omotransfobia negli ambienti cristiani.
Il 6 ottobre 2023 ha pubblicato "La Cattedrale della nostra Fede. Il Simbolo Apostolico, indagine storico-critica, commento e analisi".
Il 19 maggio, presso il "Salone degli Specchi" del Palazzo della Città di Taranto, Artava Associazione con il patrocinio del Comune di Taranto, destina all'Abate il premio special "Emilia Russo. Sulle Ali della libertà" 2024 per l'impegno profuso con il suo ministero pastorale in favore delle persone più fragili.
Nel medesimo anno, consegue il titolo per l'insegnamento di sostegno TFA presso Wisdom Collegio Universitario con il "master in educazione speciale per l'istruzione pre-universitaria".
L'Abate provvede alle sue necessità e contribuisce economicamente alla vita della Fraternità, come tutti i Monaci, attraverso il suo personale lavoro. Attualmente è impiegato per il coordinamento delle attività e del personale di una Società.
Lo stemma dell'Abate
Registrato a Taranto 11.07.2020 n. 8935 serie 1T con Atto Pubblico Rep. 2783 Rac. 2236
Lo stemma presenta uno scudo tripartito, posto sopra di un pastorale abbaziale, con cartiglio sottostante nel quale è riportato il motto.
Lo scudo presenta tre campi: nel campo di sinistra, lo sfondo rosso ricorda le origini partenopee (nello stemma del Regno di Napoli predominava il colore rosso tuttora presente nello stemma del Comune). Il primo leone rampante afferra una palma e guarda verso destra. La figura del leone è tratta dal libro dei Proverbi 30, 29-30: “Ci sono tre che hanno un bel passo, e quattro che hanno una bella andatura: il leone, che è il più potente fra le bestie e che non indietreggia davanti a nessuno”. La Fede in Gesù Cristo è la forza e la tenacia, che non fa indietreggiare davanti agli ostacoli che l’uomo pone al progetto di Dio, che va comunque annunciato anche a costo della vita stessa. La palma – retta dal leone – infatti è quella del martirio, segno distintivo nella tradizione cristiana di coloro che hanno versato il sangue per la fede, con particolare riferimento ai martiri il vescovo Gennaro, il diacono Procolo e la giovane Agnese, che hanno accompagnato alcune tappe fondamentali della vita dell'Abate. La storia di dom Antonio è segnata da ostacoli al raggiungimento di un servizio pastorale all’interno della sua Chiesa di appartenenza. Questi ostacoli non hanno scalfito la certezza – radicata nell’Antico e Nuovo Testamento e rafforzata dalla tradizione ecclesiale – che nessun potere umano può ostacolare la chiamata ad annunciare la Buona Novella, che è di ogni battezzato. “Ma Mosè rispose: sei geloso per me? Invece, volesse davvero il Signore comunicare il suo Spirito a tutto il popolo d’Israele, e tutti diventassero profeti!” (Nm 11, 24-29). “Lasciatelo fare. Perché non c’è nessuno che possa fare un miracolo in mio nome, e poi subito si metta a parlar male di me. Chi non è contro di noi è con noi” (Mc 9, 38-40 e Lc 9, 49-50). “Ai Profeti venga permesso di rendere grazie a loro piacimento” (Didaché 10,7).
Il giglio d’argento, in alto a sinistra, ricorda l’esempio di vita di Fernando Martins de Bulhões, ai più conosciuto come Antonio di Padova di cui il Padre Abate porta il nome.
Nel campo di destra, in modo speculare, è riportato lo stemma del direttore spirituale di dom Antonio. Lo sfondo blu richiama la città di Taranto (natale dello stesso) e adottiva dell'Abate. Il leone rampante dorato, volto a sinistra, richiama il simbolo dell’evangelista Marco di cui il direttore spirituale porta il nome. Le tre spighe richiamano la fede trinitaria. Il secondo giglio argento richiama l’esempio di vita di Maria la madre di Gesù.
Al centro, in alto, una stella a otto punte alla quale guardano entrambi i leoni. È Cristo, la stella senza tramonto, che illumina la vita motivandone il senso più profondo. Le otto punte richiamano l’octava dies, il giorno primo ed ultimo, radioso e splendido del trionfo di Cristo sulla morte. La centralità del mistero pasquale nella fede cristiana è così rappresentata nello stemma, che racchiude il nucleo della spiritualità di dom Perrella: cristocentrismo e forza rinnovatrice ed umanizzatrice della Pasqua.
In basso al centro è piaciuto inglobare lo stemma dell’Almo Collegio Capranica ove l'Abate ha iniziato la formazione intellettuale della sua Fede.
Nel cartiglio il motto recita: Juravit Dominus (Il Signore ha giurato) tratto dal Salmo 110, 4. Un monito di fiducia e speranza nella Parola del Signore che è unica e irrevocabile: Dio, al contrario dell’uomo, dice e non si pente.
Il pastorale con il panno legato al riccio rappresenta il governo pastorale e la conseguente giurisdizione di Ordinario e Superiore Generale all’interno della Christiana Fraternitas. Esso è donato all'Abate dalla Comunità (v. art. 8, 14) nel giorno della elezione, mentre gli viene consegnato durante la Benedizione Abbaziale. Richiamando il bastone del pellegrino, che poggia se stesso sul vincastro della Parola e della Persona di Gesù, da cui soltanto viene la forza e la grazia, esso ricorda all'Abate che egli è il primo tra i fratelli e che con essi cammina verso Cristo, vetta del cammino di discepolato.
Chi è e quale genealogia episcopale ha il Vescovo Whalon
che ha consacrato Abate dom Antonio Perrella
Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Pierre Whalon è nato a Newport, 12 novembre 1952 è Vescovo della Chiesa Episcopale della Comunione Anglicana ai più conosciuta come Chiesa americana.
Mons. Whalon è stato ordinato diacono nel giugno 1985, divenendo presbitero nel dicembre dello stesso anno. Dopo vari incarichi pastorali negli Stati Uniti, fu eletto vescovo della Convocazione delle Chiese Episcopali in Europa con sede a Parigi presso la Cattedrale Holy Trinity. Fu consacrato il 18 novembre 2001 nella chiesa di San Paolo dentro le Mura di Roma. Al medesimo ministero si aggiunge anche l'ufficio di Vescovo assistente nella Diocesi di Gibilterra in Europa e nella Diocesi cattolica per i vetero-cattolici della unione di UTRECHT in Germania. Whalon ha doppia nazionalità, statunitense e francese. È stato sposato con Melinda Jane McCulloch dal 1980 e ha una figlia, Marie Noëlle. È esperto di musica ecclesiastica. Si è prodigato molto per l'ampliamento della presenza delle Comunità di sua giurisdizione ecclesiastica affinché crescessero sul tutto il territorio europeo. In modo particolare in Italia numerose furono le iniziative missionarie, tra queste il riconoscimento e la costituzione della Christiana Fraternitas come Comunità Monastica Ecumenica con la professione dei monaci e la consacrazione dell'Abate Antonio Perrella. A seguito della morte della consorte decide di lasciare la Diocesi d'Europa per dedicarsi a impegni pastorali concludendo l'esperienza europea il 6 aprile 2019 con l'ingresso del suo successore.
Successione Apostolica di Sua Eccellenza Mons. Pierre Whalon
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Vescovo San Plegmund
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Vescovo Althelm
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Vescovo Wulfhelm
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Vescovo Odo
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Vescovo San Dunstan
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Vescovo Sant'Aelphege
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Vescovo Elfric
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Vescovo Wulfstan
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Vescovo Ethelnoth
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Vescovo Eadsige
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Vescovo Stigand
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Vescovo Siward
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Vescovo Lanfranco di Canterbury
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Vescovo Thomas
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Vescovo Anselmo d'Aosta
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Vescovo Richard de Belmeis
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Vescovo William of Corbeuil
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Vescovo Henry of Blois
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Vescovo San Tommaso Becket
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Vescovo Roger of Gloucester
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Vescovo Peter de Leia
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Vescovo Gilbert Glanville
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Vescovo William of St. Mere L'eglise
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Vescovo Walter de Gray
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Vescovo Walter Kirkham
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Vescovo Henry
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Vescovo John of Halton
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Vescovo Roger Northborough
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Vescovo William Wyvil
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Arcivescovo Ralph Stratford
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Vescovo William Edendon
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Arcivescovo Simon Sudbury
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Vescovo Thomas Brentingham
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Vescovo Robert Braybrooke
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Arcivescovo Roger Walden
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Vescovo Henry Beaufort
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Arcivescovo Thomas Bourchier
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Arcivescovo John Morton
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Vescovo Richard Fitzjames
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Arcivescovo William Warham
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Vescovo John Langlands
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Arcivescovo Thomas Cranmer
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Vescovo William Barlow
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Arcivescovo Matthew Parker
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Arcivescovo John Whitgift
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Arcivescovo Richard Bancroft
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Arcivescovo George Abbot
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Arcivescovo George Montaigne
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Arcivescovo William Laud
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Vescovo Brian Duppa
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Arcivescovo Gilbert Sheldon
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Vescovo Henry Compton
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Arcivescovo William Sancroft
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Vescovo Jonathan Trelawney
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Arcivescovo John Potter
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Arcivescovo Thomas Herring
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Arcivescovo Frederick Cornwallis
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Vescovo John Henry Hopkins
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Vescovo Daniel Tuttle
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Vescovo James Perry
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Vescovo Henry Knox Sherrill
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Vescovo Arthur Lichtenberger
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Vescovo John Allin
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Vescovo Frank Griswold
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Vescovo Pierre Whalon, che ha consacrato Abate dom Antonio Perrella
Cos'è una consacrazione Abbaziale?
La Consacrazione di un Abate è un sacramentale che conferisce uno specifico ministero che abilita all''insegnamento della fede e alla giurisdizione pastorale di un monastero. La teologia scolastica definisce cosi: sacramentalia sunt ut adiumenta sacramentorum: i sacramentali sono una maggiore estensione dei sacramenti. A tal proposito, per approfondire la questione sia allega un interessante articolo di Andrea Grillo, pubblicato nel seguente link del sito "MUNERA Rivista Europea di Cultura":
Per chi non avesse modo di linkare qui sotto è riportato l'articolo:
Quando l’Episcopato era solo un sacramentale:
una evoluzione storica illuminante
Pubblicato il 18 Gennaio 2022 nel blog: Come se non
Enrico Mazza, nel suo articolo “Sacramentali e sacramenti: una questione teologica prima che pastorale”1, identifica subito il modo con cui la teologia scolastica ha distinto i sacramenti dai sacramentali: mentre i primi agiscono “ex opere operato”, i secondi “ex opere operantis”; perciò i primi sono efficaci “per il fatto stesso che si compia il rito”, mentre i secondi dipendono dalla “preghiera della Chiesa”. Tutto ciò dipende da una terza distinzione, che è decisiva: i sacramenti sono “istituiti da Cristo”, mentre i sacramentali sono “istituiti dalla Chiesa”. Queste evidenze teoriche, maturate lungo i secoli, faticano però ad essere coordinati con i dati storici. Se leggiamo la storia impariamo sfumature nuove e forse inattese.
La comprensione della categoria di “sacramentale” avviene infatti solo a partire da Guglielmo di Aurillac, nel suo De sacramentis, per differenza rispetto alla categoria di “sacramento”. Così può affermarsi come “categoria residuale” in cui vengono racchiuse “cose e azioni, che la chiesa, per una qualche imitazione dei sacramenti, per sua impetrazione, suole utilizzare per ottenere alcuni effetti soprattutto spirituali” (CJC 1917, can. 1144). Nel codice successivo, 1983, a cose e azioni si sostituisce “segni sacri” e si aggiunge a “ottenere”, volgendo al passivo il verbo “significare”, ma per il resto la definizione resta sostanzialmente uguale.
Possiamo notare, nella definizione, tre aspetti:
– la analogia con i sacramenti
– la lettura in termini di “efficacia”
– una certa dimensione segnica, recuperata di recente.
Le trasformazioni di sacramenti e sacramentali
Ma c’è un aspetto che la differenza non porta in luce e che Mazza, nel suo articolo, mette in chiarissima luce: ogni alterazione della sequenza sacramentale determina un cambiamento parallelo della sequenza dei sacramentali. Con l’irrigidimento del numero dei sacramenti in “né più né meno di sette” la questione sembra risolta, ma in realtà questo è un effetto “prospettico”. Il tema del “sacramentale” resta interessante per diversi motivi. Se i sacramenti, dopo Trento, hanno acquisito un numero fisso, la loro comprensione ha subito però grandi trasformazioni. Questa cambiamento di prospettiva di lettura dei “sette” ha portato grandi novità anche sui sacramentali.
Nella iniziazione cristiana, ad es., la riscoperta del catecumenato ha riletto la sequenza dei tre sacramenti, e il processo per giungere ad essa, come un insieme di “cose e azioni” che diventano rilevanti per il sacramento, ne costituiscono una componente strutturale. Abbiamo così scoperto, per certi versi, che ci sono “sacramentali interni ai sacramenti”.
Il sacramento dell’ordine, in particolare, ha subito un vero e proprio terremoto dopo il Vaticano II. La forma precedente prevedeva un “cursus” che attraversava quattro “ordini minori” e giungeva ai tre “ordini maggiori” di cui solo il “sacerdozio” era, di fatto, il sacramento. In quel modello restava nella regione del “sacramentale” non solo ciò che stava tra tonsura/lettorato e suddiaconato, ma anche, con una certa nostra sorpresa, la “consacrazione del Vescovo”.
La consacrazione del Vescovo non è sacramento
Proprio il citato Gerberto, nel suo “De sacramentis, apre la storia dei sacramentali leggendo proprio la “consacrazione del vescovo” come “santificazione” ed esempio massimo di sacramentale: non sacramento, ma sacramentale. La teologia scolastica produce questa “desacramentalizzazione” dell’episcopato, evidentemente assai distante dalla concezione antica. Quanto il “sistema” sia modificato dalla storia è dimostrato dal fatto che la categoria entra in campo per “valorizzare” l’effetto di santificazione della “consacrazione” del vescovo, delle vergini, dell’abate: “sacramentalia sunt ut adiumenta sacramentorum”. Questo incipit della storia del concetto è singolare ed istruttivo: nel momento in cui il caso principe del “sacramentale” – ossia la “consacrazione episcopale” – diventa, dopo la riforma liturgica del Vaticano II, punto cardine del sacramento dell’ordine, tutta la categoria subisce una radicale rilettura, che merita nuova e più specifica definizione. Con la riforma liturgica, questa relazione tra l’unico sacramento dell’ordine – il presbiterato/sacerdozio – e una lussureggiante sequenza di sacramentali prima e dopo di esso, viene profondamente riscritta: il sacramento assume “tre gradi” – ossia diaconato, presbiterato e episcopato – e gli altri riti (sacramentali) si riducono a due: lettorato e accolitato.
Un libro rituale che correla Vescovo a sacramentali
Un particolare “osservatorio” da cui osservare il fenomeno storico è il Caeremoniale episcoporum, che dedica una parte specifica a questo tema, proprio come competenza propria del Vescovo2. Il rimaneggiamento del libro avviene proprio in conseguenza della grande riscoperta della liturgia come “linguaggio elementare” della Chiesa. Vediamo più nel dettaglio questa novità.
Di sicuro la trattazione più ampia dei “sacramentali”, che possiamo trovare nella tradizione teologica, è del tutto recente. E’ susseguente alla Riforma liturgica ed è entrata a costituire il Caeremoniale episcoporum nel 1984. Si tratta di un volume “defilato”, che può riservare grandi sorprese. Paolo Tomatis ne ha offerto di recente una lettura sorprendente3. Prima di esaminarla, tuttavia, vorrei brevemente considerare quanto diversa è la forma attuale del Cerimoniale rispetto alla forma precedente.
La riforma del Cerimoniale e dell’episcopato
Ciò che esisteva “prima” corrispondeva perfettamente ad una idea di “cerimonia” – che rimane nel titolo del testo anche oggi – intesa precisamente mediante la “distinzione” tra culto e santificazione. Il “cerimoniale” era lo strumento per le “cerimonie” che facevano capo alla persona del Vescovo. Poiché il Vescovo è stato, per almeno un millennio, identificato per la “potestas iurusdictionis” e non per la “potestas ordinis” (che gli derivava dall’essere presbitero-sacerdote), il “libro delle cerimonie del vescovo” aveva un carattere del tutto peculiare. Il Concilio si rese subito conto che, modificando la “teologia dell’episcopato” – ossia teologizzando e sacramentalizzando una funzione giurisdizionale – avrebbe dovuto aprire un processo di profonda modificazione del “rituale episcopale”. Due cose erano chiare: che la cosa si sarebbe fatta solo “alla fine”, e che però occorreva intervenire subito per le cose più urgenti. Così avvenne nel 1968: contestualmente alla approvazione dei “nuovi riti di ordinazione”, venivano modificate le norme del cerimoniale del vescovi, con la Istruzione “Pontificales ritus”. Ma l’intervento definitivo sarebbe avvenuto solo dopo un lungo lavoro, che giunse al termine solo nel 1984.
Il Cerimoniale del Concilio di Trento
Per capire la novità dell’impianto, dentro il quale trovano posto i sacramentali, dobbiamo considerare il “sistema” precedente. Una intelligenza sistematica qui si rivela decisiva. Già considerando l’indice del Cerimoniale tridentino (la cui ultima edizione è del 1886) vediamo una enorme differenza. Siamo di fronte ad un paradigma diverso. Il testo si struttura in tre libri:
a) Il primo libro normava il Vescovo nello spazio: le vesti, le azioni, i collaboratori, le cerimonie ordinarie;
b) Il secondo libro normava il Vescovo nel tempo della preghiera quotidiana e nel ritmo dell’anno liturgico, con dettagliata descrizione;
c) Il terzo libro era invece integralmente dedicato a cerimonie legate ai rapporti tra autorità. Un libro che, con la fine del potere temporale del 1870, di fatto era già entrato in una sorta di limbo.
Questa struttura si occupa delle “cerimonie episcopali”, ordinandole come indicato. Ovviamente manca del tutto sia della coscienza che il Vescovo esprime la “pienezza del sacramento dell’ordine”, sia della relazione strutturale con i diversi sacramenti, salvo la celebrazione della messa.
Il nuovo Cerimoniale e la sua impostazione
La struttura del testo del 1984 è completamente ripensata. Alcuni elementi del primo e del secondo libro sono stati spostati nelle appendici, mentre la struttura appare la seguente:
Proemio, di carattere storico
Parte Prima: La liturgia episcopale in genere
Parte Seconda: La Messa
Parte Terza: La Liturgia delle Ore e le Celebrazioni della Parola di Dio
Parte Quarta: Le celebrazioni dei Misteri del Signore durante l’Anno Liturgico
Parte Quinta: I Sacramenti
Parte Sesta: I Sacramentali4
Parte Settima: Giorni memorabili nella vita di un Vescovo
Parte Ottava: Celebrazioni Liturgiche connesse con gli atti solenni del Governo Episcopale
Il non detto del Caeremoniale Episcoporum
Mai, in tutta la storia della Chiesa, vi era stata una tale riformulazione del profilo delle azioni episcopali, corposa attestazione di relazione ecclesiale con le vocazioni, con lo spazio, con il tempo, con le persone. Questo è stato possibile sulla base di un doppio decisivo mutamento, che suona come una duplice soglia di riforma del ministero:
– La consacrazione episcopale è uscita dall’ambito dei sacramentali ed è diventata la pienezza del sacramento dell’ordine;
– L’esercizio della “potestas ordinis” del Vescovo, recuperata in pienezza e non più separata dalla “potestas iurisdictionis”, si è estesa non soltanto all’ambito dei sacramenti, ma anche a tutta la “liturgia della Chiesa”.
Fino ad oggi non abbiamo ancora elaborato a fondo questi mutamenti sostanziali. Dalle “potestates” ai “munera” c’è una differenza categoriale che implica un nuovo paradigma di pensiero e di azione.
1E. Mazza, Sacramentali e sacramenti: una questione teologica prima che pastorale, “Rivista di pastorale liturgica”, 307(2014), 4-18.
2 Questo è però uno sviluppo assai tardo, della fine del XX secolo. Si tratta di una sistemazione che merita di essere osservata in prospettiva, con un confronto tra questo “strumento” e il precedente. Lo sviluppo del Cerimoniale, come “ordo” che assume la prospettiva della differenza tra sacramenti e sacramentali, scaturisce da una rilettura della tradizione in cui – anzitutto nell’episcopato – il recupero della “dignità sacramentale” coincide con una grande differenza tra “azione liturgica” e “cerimonia pubblica”.
3Cfr. P. Tomatis, Le Cérémonial des Eveques du Vatican II. Un ‘précipité’ de la Réforme Liturgique, “La Maison-Dieu”, 296/2(2019), 123-138.
4 Che comprendono: Benedizione dell’Abate, Benedizione dell’Abbadessa, Consacrazione delle Vergini, Professione Perpetua dei Religiosi, Professione Perpetua delle Religiose, Istituzione dei Lettori e degli Accoliti, Funerali che Presiede il Vescovo, Posa della Prima Pietra o l’Inizio dei Lavori per la Costruzione di una Chiesa, Dedicazione di una Chiesa, Dedicazione di una Chiesa nella quale già si celebrano i Santi Misteri, Dedicazione di un Altare, Benedizione di una Chiesa, Benedizione dell’Altare, Benedizione del Calice e della Patena, Benedizione di un nuovo Fonte Battesimale, Benedizione di una nuova Croce da esporre alla Pubblica Venerazione, Benedizione della Campana, Rito della Incoronazione di un’Immagine della Beata Vergine Maria, Benedizione di un Cimitero, Pubblica Supplica in un caso di una grave profanazione di una Chiesa, Processioni, Esposizione e Benedizione Eucaristica, Benedizioni impartite dal Vescovo.